Che cos’è l’hacking della crescita?

Già dall’articolo precedente sulla storia del growth hacking crediamo sia emerso in gran parte qual è il significato di questa parola. La prima occorrenza del termine “inventato” da Sean Ellis già inquadrava in modo abbastanza chiaro il significato. Growth hacker è un marketer che approccia un lavoro con un unico chiodo fisso: la crescita. L’ambito in cui il growth hacking nasce e prospera è infatti il mondo delle startup. Sono proprio le startup le aziende che orientano il proprio business ad una crescita rapida e scalabile.

Ma naturalmente queste indicazioni sono comunque un po’ vaghe. E’ sicuramente legittimo il dubbio di chi si chiede se il growth marketing sia effettivamente qualcosa di nuovo oppure solamente un altro nome per chiamare il marketing online. Il growth hacking è un caso di rebranding? C’è chi lo pensa.

La critica più efficace in questo senso è probabilmente quella formulata da Muhammad Saleem su Marketing Land nel 2014 (l’articolo ha anche una seconda parte in cui l’obiettivo polemico è, più che Sean Ellis, Andrew Chen).

In effetti anche il racconto della prima volta che il termine è stato usato, farebbe pensare ad un caso di rebranding dopo la bolla delle dot-com.
E però la formula growth hacking potrebbe comunque essere valida. Effettivamente se pensiamo a dove nelle aziende effettivamente si nascondono le potenzialità inespresse di ‘crescita’ ci rendiamo conto di come essa possa essere stanata in luoghi che i marketers tradizionalmente non toccano. Ad esempio nelle pratiche messe in campo dalle aziende per conservare i clienti, più che in quelle attuate per acquisirne.

Ma in realtà il marketing contemporaneo tende ad abbracciare tutti i campi di attività dell’azienda, pensiamo ad esempio al marketing olistico di Kotler. Il growth hacker non può quindi vantare un campo di applicazione più vasto rispetto a quello del marketer. Anzi, è vero forse il contrario.

Che differenza c’è quindi tra un growth hackers e un marketer? Il growth hacker è a tutti gli effetti un marketer. Ma un marketer altamente specializzato in uno specifico settore, la crescita, e che affronta i problemi seguendo un approccio mentale non necessariamente condiviso dagli altri addetti al marketing, neanche da quelli con cui lavora.

Un approccio altamente focalizzato sulla scalabilità, sia delle aziende per cui lavora che delle tecniche che impiega, e che riprende alcuni elementi chiave del metodo lean. Il growth hacker fa dei test seguendo l’approccio delle lean startup. Si attiva solo se c’è possibilità di crescita (ossia se c’è una vera startup) e si concentra su questo unico aspetto del marketing, non sugli altri.

Si potrebbe poi dire che il growth hacker viene più, come filosofia se non proprio come biografia, dal mondo hacker che da quello del marketing d’accademia.

E questo a noi piace.

Vi lasciamo con alcune citazioni che possano aiutarvi a comprendere cos’è il growth hacking e anche quanto è stato ampio il dibattito su questa pratica negli USA:

Growth hacking is a mindset, not a formal business role” (Neil Patel)

Both marketers and growth hackers have common goals; they work closely together on a daily basis to push metrics in different ways. However, growth hackers are looking for growth through product utilization and product iterations instead of a marketers’ outbound- and inbound-based strategies.” (Aaron Ginn)

I see growth hacking as traffic acquisition + conversion optimization.” (Peep Laja, ConversionXL)

“I would say instead that growth hacking is experiment driven marketing focused primarily on how the product is used to create growth both from the distribution and retention side. The key differentiator being the product-level focus vs. the channel-level focus of traditional marketing effort.
Optimization is a huge part of growth, specifically optimization applied across the entire product experience, not just on websites and landing pages, where CRO has traditionally been highlighted. For example, optimizing retention is a major component of growth hacking that most people ignore. This is where engineering and product teams can drive a ton of growth that traditional marketing cannot.” (Morgan Brown, Inman)

“Growth is much more than traffic and increasing conversions. Although they have a lot of similarities, growth hacking covers more, including: branding, offline marketing, customer success, support and more.” (Sujan Patel, Narrow.io)

“Growth hacking includes CRO, customer acquisition, a technical skill-set and a company culture which rewards rapid experimentation.
In this sense growth hacking borrows many principles from the Lean Startup. Especially the need for rapid testing and creative experiment design: ‘Test the concept before you test the design’.
Morgan is right in saying that CRO is typically associated with optimizing landing pages and sites. However, smart optimizers know that the buck doesn’t stop there. Optimizing for retention, as he points out, is a high-value activity.
So, if CRO covers the visitor-to-customer conversion and retention, all that’s left (online, anyway) is indeed traffic acquisition, which is where inbound and outbound marketing tactics come into play. So, to summarize…
1. Traffic Acquisition – Using inbound and outbound marketing tactics, send visitors to the site.
2. Visitor-to-Customer Conversion – Using a CRO process, increase on-site conversions.
3. Retention – Using a CRO process, reduce churn and encourage repeat buyers.
Throughout this entire process, growth strategies are present. They can be applied at every stage.” (David Arnoux, Growth Tribe)

growth

Le parole chiave del growth hacking: scalabilità, viralità e intuitività

Scalabilità è parola che in questo blog abbiamo più volte ripetuto. Lo facciamo di nuovo perché è effettivamente il concetto chiave di tutto il discorso. La ‘crescita‘ che il growth hacker persegue non è la crescita quale che sia. Non è la crescita generica, è la crescita esponenziale.
Questo tipo di crescita non è possibile sempre, indipendentemente dall’abilità o meno del growth hacker. E’ possibile solo in aziende che possono scalare bene i propri prodotti o servizi, ossia in aziende che possono sostenere repentini aumenti delle vendite sostenendo in modo agevole l’aumento della produzione. Un ristorante non è scalabile.

La scalabilità di un azienda non riguarda quindi il fatturato, è una caratteristica a priori che dipende dal modo in cui il fondatore ha impostato l’azienda. Alcune aziende scalano bene, altre no. Non è un giudizio di qualità, è un dato di fatto. Le nuove attività tradizionali sono benemerite e spesso molto più redditizie delle startup. Potrebbero aver bisogno di qualcuno che si occupi di marketing, ma non di un growth hacker.

Proprio perché cerca di innestare dinamiche esponenziali di crescita, il growth hacker utilizza strumenti di marketing anch’essi scalabili.

Viralità è una parola oggi molto in voga grazie ai fenomeni di rapida diffusione di massa frequenti sui social network. E’ una parola importante per il growth hacking perché la viralità è uno strumento assolutamente in linea con una dinamica di crescita esponenziale e rapida. Ne parleremo meglio in seguito perché il discorso non è, naturalmente, spingere le aziende a cercare il nuovo video tormentone dell’estate.

Come abbiamo già scritto, il growth hacking riprende alcuni elementi del metodo delle lean startup. Il growth hacker in questo è un po’ scienziato. Fa dei test verificabili e ne studia gli esiti. Prova, fa tentativi per hackerare la crescita. Come ogni scienziato che si rispetti è fondamentale però che sia intuitivo. Non può permettersi di fare test a casaccio. Non può testare tutto. La vita concreta delle aziende, in Italia in particolare, non può attendere l’esito di infiniti test.

Per questo il growth hacker deve essere intuitivo. Deve capire dove si annidano le potenzialità di crescita il prima possibile. L’esperienza sul campo naturalmente aiuta. Ma un pizzico di intuitività è comunque fondamentale.

Guida al Growth Hacking

  1. Storia delle startup negli USA
  2. Cosa significa startup?
  3. Lean Startup Movement: come gestire una startup
  4. I 5 principi delle Lean Startup
  5. Le fasi di vita di una startup
  6. L’Italia e le startup: diffusione e normativa
  7. Le ‘lettere rubate’ del web marketing: le premesse del marketing della crescita
  8. La legge dei click-through di merda
  9. Web marketing per startup: la storia del growth hacking
  10. Che cos’è l’hacking della crescita?
  11. Gli strumenti del Growth Hacker
  12. La metrica fondamentale del growth hacking: il tasso di crescita
  13. Marketing della crescita: tattiche, strategie e teorie
  14. Il nucleo del Growth Marketing. Il coefficiente virale