La metrica fondamentale del growth hacking: il tasso di crescita

Il growth hacking è il marketing focalizzato sulla crescita. Tale obiettivo non è generico, può essere calcolato tramite una formula che, nella sua applicazione consueta nel contesto che interessa il growth hacker, è molto semplice: il tasso di crescita.

Affinché sia possibile calcolare il tasso di crescita è necessario che le kpi delle campagne di growth hacking siano state identificate in fase di pianificazione strategica oltreché, naturalmente, che siano numerabili.

Tipicamente un intervento di growth hacking mira all’aumento delle conversioni (le vendite, ad esempio).

Il tasso di crescita è definito come il rapporto tra l’incremento (Δ ) di X dal tempo t – 1 al tempo t ed il suo valore al tempo t – 1.

Non lasciatevi spaventare dal gergo matematico! La formula è in realtà semplice e comprensibile. Il ‘rapporto’ è in matematica una divisione, si tratta quindi di dividere l’incremento di X per il suo valore al tempo t – 1.

Nel contesto del growth hacking la variabile X è tipicamente la quantità di conversioni. Ad esempio X può essere “500 macchine vendute” o “6000 visitatori ricevuti ogni giorno” o qualsiasi altro parametro venga ritenuto una conversione.

La lettera greca delta in maiuscolo (Δ) indica in matematica l’incremento. Il tempo appare invece indicato nella definizione del tasso di crescita come t e t – 1. Nel caso del tasso di crescita, t è il tempo in cui vogliamo misurare il tasso di crescita, può quindi essere un mese dell’anno, un giorno, un’ora… t – 1 è un tempo qualsiasi precedente a t. Sono dunque due variabili che vanno a indicare il periodo per cui volgiamo calcolare il tasso di crescita, t – 1 è la data iniziale, t la data finale.

I dati che bisogna avere a disposizione sono quindi pochi e tracciabili: la quantità di conversioni nel tempo t – 1 e la quantità di conversioni nel tempo t.
Se tali dati non sono stati tracciati, come pure accade, un growth hacker dovrebbe insistere perché vengano invece monitorati.

Facciamo un esempio. Poniamo che per me vendere un’auto rappresenta una conversione che sto tracciando. So perciò che nel 2016 ho venduto 150 macchine e nel 2017 ne ho vendute 500. Quanto è stato il tasso di crescita?
150 è la quantità di conversioni nel 2016, ossia X nel tempo t – 1. 500 è la quantità di conversioni nel 2017, ossia X nel tempo t. Devo quindi calcolare l’incremento di conversioni (500 – 150) e dividerlo per la quantità di conversioni del 2016.

500 – 150 / 150 = 2,3 periodico. Il tasso di crescita è quindi 2,33, ossia un meraviglioso aumento del 233%.

La formula da ricordare è quindi Yt – Yt-1 / Yt – 1.

Il tasso di crescita è un dato fondamentale ed è bene che un growth hacker conosca la formula con cui lo si calcola.

Come calcolare il tasso di crescita delle visite di un sito web

Gran parte dei tool per il monitoraggio diffusi nel web calcolano il tasso di crescita.
Se una campagna di growth hacking ha come kpi l’aumento del traffico di un sito web, il tasso di crescita del traffico è facilmente desumibile da qualsiasi tool monitoraggio del traffico. Nel caso di Google Analytics, il più diffuso strumento gratuito di monitoring delle visite, il tasso di crescita è indicato nella home page del tool. Di base nella prima schermata di analytics vengono mostrati il numero di utenti, di sessioni, la frequenza di rimbalzo e la durata delle sessione negli ultimi sette giorni. Sotto al numero assoluto viene indicata una percentuale: quello è il tasso di crescita.

Il tasso di crescita indicato di base da Google Analytics fa riferimento ai sette giorni precedenti ma modificando l’intervallo di tempo esso viene ricalcolato automaticamente.
In Pubblico → Panoramica potete modificare gli intervalli di tempo confrontando periodi a scelta (in alto sulla destra, dove è indicata la data).

crescita

L’esperienza di un growth hacker: che intervalli di tempo selezionare per misurare il tasso di crescita

Sono numeri con i quali chi ha a che fare col web marketing ha a che fare quotidianamente. Come abbiamo appena visto, il conto matematico è davvero semplice, addirittura immediato se la nostra campagna di growth hacking è finalizzata all’aumento del traffico.

Ma una difficoltà in realtà c’è. Che intervalli di tempo vanno selezionati per misurare il tasso di crescita? E’ proprio la capacità di selezionare confronti tra intervalli di tempo significativi che fa la differenza in fatto di growth hacking.

Non c’è una regola valida a priori ma un’indicazione possiamo comunque darla. Occorre misurare il tasso di crescita su intervalli brevi. Settimanali, meglio ancora se giornalieri o orari (bé orari è davvero raro). Questo perché il tasso di crescita deve essere una metrica utile, un numero in grado di far da riscontro al lavoro di growth hacking che si sta facendo.

Un tasso di crescita calcolato su un anno dà indicazioni talmente lontane nel tempo che diventa quasi completamente inutile per il lavoro quotidiano del growth hacker. La sfida della crescita è giornaliera. Ragionare in ottica di test/risultati è possibile solo se si hanno degli indicatori che verificano o smentiscono le ipotesi da cui nascono i test. Non si naviga a vista.

Tale approccio non è problematico quando si parla di grandi realtà commerciali. Pensiamo ad un Amazon, ad esempio. Il grande e-commerce ha dati quotidiani talmente alti (sia se prendiamo le visite, le vendite o quello che sia…) che risultano rilevanti anche nel breve periodo. Il monitoraggio quotidiano dei tassi di crescita ha quindi senso per realtà con dati significativi in brevi intervalli di tempo.

Se immaginiamo invece un sito appena nato, un nuovo progetto commerciale, diventa assurdo considerare il tasso di crescita delle visite di un giorno rispetto a quello precedente. Il dato lo si può anche monitorare ma pensare che esso sia significativo e possa validare i test fatti sarebbe fuori luogo.

Nel caso di piccole realtà, soprattutto se non si hanno dati storici, il monitoraggio del tasso di crescita resta importante ma richiede una sensibilità ed un’esperienza da parte del growth hacker che paradossalmente è anche superiore rispetto a quella richiesta quando si lavora per aziende consolidate. E questo è davvero importante da tenere in conto per una disciplina che nasce nel contesto startup.

Che fare nel caso di una campagna di growth hacking per startup appena nate? Si fa a meno di crescita o si monitora un tasso di crescita non rilevante? Sembra un’impasse da cui non si riesce ad uscire.

La prima cosa da tenere presente quando si lavora per una startup sono le conversioni. Come abbiamo visto la conversione è un concetto molto aperto, tutto può essere considerato teoricamente una conversione anche se non tutto di fatto lo è.

Allora quando si lavora con una startup bisogna essere bravi a capire quali siano le conversioni e gli indicatori intermedi che portano al raggiungimento delle kpi della campagna.

Un esempio tipico: l’arrivo di un visitatore su un sito è una conversione intermedia rispetto al raggiungimento della kpi “aumento delle vendite”. Il miglioramento di un posizionamento è un indicatore significativo sul buon lavoro fatto per aumentare la kpi intermedia “aumento del traffico”.

Quando si lavora con una startup bisogna quindi essere in grado di selezionare una serie di conversioni intermedie e di indicatori significativi in grado di confermare o smentire il lavoro che stiamo facendo. Quali indicatori vanno scelti? Quelli che con l’esperienza abbiamo imparato a considerare significativi in relazione ad una kpi, con preferenza per quelli misurabili su brevi intervalli di tempo.

Per ogni conversione ed indicatore va poi controllato il tasso di crescita sul giusto intervallo di tempo. Il traffico di un sito appena aperto non può essere verificato su base quotidiana. In alcuni casi già su base settimanale ha senso, magari confrontandolo con dati derivanti da campagne svolte in precedenza.

Questa è la vera seconda risposta alla domanda. L’esperienza qui conta davvero perché permette di avere dei dati storici anche in un contesto come quello di start-up in cui non si hanno dati storici per definizione.

Ma oltre a questo l’esperienza permette anche di avere già delle teorie di crescita verificate in altri contesti. Non parliamo di casi di successo avvenuti dieci anni prima ma di strategie di crescita messe in atto il mese prima in un contesto simile a quello della nuova startup.

Ogni strategia di crescita va verificata nel contesto specifico. E va verificata il prima possibile, anche cercando conferme tra i tassi di crescita intermedi. Ma quando si parla di una nuova azienda, avere già a disposizione delle teorie di crescita verificate, anche se in altri contesti, fa tutta la differenza del mondo.

Guida al Growth Hacking

  1. Storia delle startup negli USA
  2. Cosa significa startup?
  3. Lean Startup Movement: come gestire una startup
  4. I 5 principi delle Lean Startup
  5. Le fasi di vita di una startup
  6. L’Italia e le startup: diffusione e normativa
  7. Le ‘lettere rubate’ del web marketing: le premesse del marketing della crescita
  8. La legge dei click-through di merda
  9. Web marketing per startup: la storia del growth hacking
  10. Che cos’è l’hacking della crescita?
  11. Gli strumenti del Growth Hacker
  12. La metrica fondamentale del growth hacking: il tasso di crescita
  13. Marketing della crescita: tattiche, strategie e teorie
  14. Il nucleo del Growth Marketing. Il coefficiente virale