Gli strumenti del Growth Hacker

Si sono diffusi nel web americano, e conseguentemente nel web di tutto il mondo, molti articoli tutti molto simili tra loro che elencano ‘a lista’ una cospicua mole di tecniche o trucchi di growth hacking. Gran parte di questi testi sembra dare ragione a posteriori a Muhammad Saleem quando sostiene che il growth hacking altro non è che un nuovo nome per il marketing online. Questi post elencano infatti una serie di consigli, del tipo ‘ottimizza le landing page‘ o ‘condividi i post sui social network‘, spesso molto utili ma che non si differenziano in nulla dalle operazioni che attua ogni web marketer.

Questi articoli possono forse essere utili per sottolineare quanto effettivamente il growth hacker faccia web marketing. Nel senso che il growth hacker deve necessariamente conoscere il web marketing e applicarne le tecniche, anche le più basilari. Ma effettivamente è forse più utile sottolineare quali siano le differenze tra le tecniche specifiche del growth hacking e quelle del web marketing complessivo, premesso appunto che web marketing può essere considerata una categoria che racchiude il growth marketing.

Il growth hacking, come detto, non ha senso sempre ma solo in determinati contesti, ossia quando le aziende possono crescere in modo esponenziale e scalabile. Quando sono startup o comunque quando sono aziende che abbiano di fronte a sé ampi spazi di crescita. Un ristorante non ha bisogno del growth hacking. Ogni azienda può invece aver bisogno del marketing online.

Il growth hacking cerca infatti di raggiungere tassi di crescita rilevanti, che sono impossibili a livello quantitativo in aziende che non ‘scalano’, come ad esempio un ristorante. Per dirla in modo più semplice, al massimo un ristorante può riempire tutte le sale che ha a disposizione tutti i giorni dell’anno. Anche se questo è un obiettivo rilevantissimo e fondamentale anche in termini di fatturato, è indubbio che un ristorante non ha di fronte a sé un orizzonte di crescita nemmeno lontanamente paragonabile a quello di una startup.

Essendo la crescita esponenziale l’obiettivo fondamentale del growth hacking, è chiaro che il growth hacker abbia come strumenti preferiti quelli che si adattano a tale modalità di crescita. Ad esempio, l’ottimizzazione delle landing page è operazione sacrosanta, sempre. Tuttavia non è un’operazione che riguarda in modo particolare un growth hacker.
Chiaramente un growth hacker, se si accorge che una landing page non è ottimizzata, ne consiglia l’ottimizzazione o l’ottimizza in prima persona. Sempre di marketing parliamo. E tuttavia una volta ottimizzata la landing page essa non contribuisce a creare una crescita scalabile.

Facciamo l’esempio di un sito che vende i propri prodotti da 10 landing page, tutte non ottimizzate per la vendita. Vale la pena naturalmente di ottimizzarle, di curarne il testo, le immagini, le CTA e tutto il resto. Una volta fatta questa operazione l’azienda potrebbe beneficiare di un aumento delle vendite anche importante. Ipotizziamo ad esempio che l’azienda passi dal vendere 10 ‘x’ al vendere 1000 ‘x’ solo con questa operazione di ottimizzazione. Bene, benissimo, naturalmente. Ma non si tratta di growth hacking.

Perché il growth hacking non lavora sull’aumento delle vendite ma sull’aumento esponenziale e scalabile delle vendite. Una volta ottimizzate al meglio le landing l’azienda può raggiungere un tasso di vendita superiore a prima e tuttavia solo con quella operazione non può continuare a migliorare il tasso di crescita delle vendite. Raggiunge un limite oltre cui non può più andare.

strumenti growth hacker

In questo senso il growth hacker è effettivamente un marketer che ha come nord la crescita. Non è questione in effetti della singola tattica o strumento che utilizza ma dell’uso strategico che ne fa. E, potremmo dire, dell’approccio ‘lean’ che applica quando è di fronte ad una problematica di marketing.

Altri tradizionali tecniche di web marketing sono comunque più adatte al growth hacking. La SEO contemporanea, per esempio, ossia la SEO “propulsiva” basata sul content marketing, è uno strumento adatto al growth hacking.
Perché la SEO di questo tipo aumenta il traffico dei siti internet ed il posizionamento sui motori di ricerca generando un aumento delle vendite che può essere ulteriormente incrementato da un nuovo investimento SEO.

Le tecniche più adatte al growth hacking sono quindi quelle che possono essere ‘scalate’. Quelle che creano un circolo di crescita, non quelle che si esauriscono.
Altro esempio di tecnica tradizionale che si adatta al growth hacking è il pay per click. Anche in questo caso una campagna di advertising può generare aumenti di fatturato anch’essi reinvestibili nel pay per click.

Ma questi esempi spero mostrino bene quanto effettivamente non è, ancora una volta, la singola tecnica ad essere o non essere growth hacking. La SEO, anche quella propulsiva (ossia non l’ottimizzazione tecnica on site) può, infatti, non essere growth hacking. Si può ad esempio immaginare il caso di moltissime aziende che cercano semplicemente di posizionarsi per un gruppo di chiavi. In questo caso c’è naturalmente SEO, c’è un’operazione di marketing che può essere utile. Ma non c’è growth hacking.
Stesso dicasi per l’advertising. Se una campagna di advertising serve per riempire i posti di un ristorante, non si tratta di growth hacking.

Mentre invece in specifici casi l’ottimizzazione delle landing page può essere una tecnica di growth hacking. Immaginiamo ad esempio un caso in cui vengano reinvestiti i profitti ottenuti dall’ottimizzazione delle landing per generare nuove landing che a loro volta generano nuovi profitti. Se tale operazione può essere ripetuta indefinite volte, siamo nel campo del growth hacking.

In conclusione vale la pena di sottolineare nuovamente quanto la viralità sia un concetto importante quando si parla di cosa effettivamente fa il growth hacker. La ricerca della viralità è in effetti una delle basi del growth hacking perché può agevolare un aumento rapido dei tassi di crescita.
E’ forse attualmente il concetto che più di ogni altro si adatta a far partire quel meccanismo di crescita esponenziale che cercano le startup. E che cercano i growth hacker.

Riassumendo, si può sicuramente dire che il growth hacker conosce e può applicare tutte le tecniche del web marketing tradizionale. Alcune si adattano meglio alle sue finalità, altre peggio. Tuttavia a far la differenza è la strategia di crescita che viene perseguita a monte e le modalità di implementazione tecnica della stessa.

Guida al Growth Hacking

  1. Storia delle startup negli USA
  2. Cosa significa startup?
  3. Lean Startup Movement: come gestire una startup
  4. I 5 principi delle Lean Startup
  5. Le fasi di vita di una startup
  6. L’Italia e le startup: diffusione e normativa
  7. Le ‘lettere rubate’ del web marketing: le premesse del marketing della crescita
  8. La legge dei click-through di merda
  9. Web marketing per startup: la storia del growth hacking
  10. Che cos’è l’hacking della crescita?
  11. Gli strumenti del Growth Hacker
  12. La metrica fondamentale del growth hacking: il tasso di crescita
  13. Marketing della crescita: tattiche, strategie e teorie
  14. Il nucleo del Growth Marketing. Il coefficiente virale