Perché Taylor Swift è andata via da Spotify (e perché poi è tornata)

Taylor Swift è stata la prima grande artista ad aver aperto un contenzioso diretto con Spotify capace di smuovere l’opinione pubblica. L’opinione della pop star riguardo alla musica in streaming non è mai stata particolarmente positiva: “Music is art, and art is important and rare. Important, rare things are valuable. Valuable things should be paid for”.

Condividendo la sua stessa posizione, la sua label, Big Machine Music, ha deciso nel 2014 di ritirare ogni copia digitale dell’intero catalogo dell’artista dai servizi di streaming, fra cui Spotify. Il fondatore, Scott Borchetta, ha motivato la scelta come un espediente per dare valore alle vendite.

Taylor Swift

Una scelta che era forse apparsa sensata anche in ragione del superamento del milione di copie vendute del disco “1989” – che poi sarebbero divenute dieci milioni. Tuttavia, rispetto ai trend commerciali della vendita di musica, apparve davvero molto contrastante. A fronte di un aumento di più del 50% dei servizi in abbonamento, le vendite di dischi si sono contratte di un ulteriore 13%. Anche la vendita dei singoli brani online non vede un bel periodo, segnando un trend discendente più o meno simile.

Alla base di queste decisioni però potrebbe anche esserci una motivazione più diretta: lo scarso share di vendite concesso dai servizi di streaming ai propri artisti. Nonostante il social media Spotify abbia dichiarato che il 70% delle proprie entrate viene versato alle case discografiche, permangono ancora molti dubbi circa il reale guadagno degli artisti.

Nel 2015 è stato calcolato – secondo i tassi di allora – che per guadagnare l’equivalente di un salario minimo negli Stati Uniti un musicista doveva collezionare almeno un milione di ascolti su Spotify, cioè una cifra raggiungibile solo dagli artisti più in vista.

In ogni caso, recentemente la Swift ha deciso di cambiare rotta e di tornare sotto l’ombrello del gigante svedese dello streaming. Sebbene sia stato salutato dalla cantante come un atto volto a tributare riconoscimento per i propri ammiratori, è molto più probabile che alla base ci sia una semplice considerazione economica.

I numeri dei suoi iscritti sono da capogiro ed è chiaro che non essere nel catalogo di Spotify per un artista di tale portata sarebbe un errore, indipendentemente dalle proprie idee circa l’etica della musica. Impulso etico che in ogni caso, considerando che Taylor Swift è attualmente la celebrità più pagata del mondo e con un guadagno che supera i 170 milioni di dollari annui, lascia forse un po’ di perplessità.