Dot-com bubble: la web economy dopo il 2000

La cosiddetta bolla delle dot-com è stata una fase di forte espansione dei mercati azionari alimentata da investimenti in società operanti su Internet, verificatasi intorno alla seconda metà degli anni Novanta. Durante questa fase, il valore medio delle azioni di queste aziende aumentò in maniera esponenziale, con un indice NASDAQ che passò da meno di 1,000 punti a più di 5,000 punti tra il 1995 e il 2000. Lo stesso periodo fu quindi anche caratterizzato dalla nascita – ma anche dal fallimento – di molte nuove aziende di questo tipo. Alcune aziende arrivarono a modificare il proprio nome aggiungendosi i suffissi .com solo per attrarre investitori, da cui deriva quindi il nome dato poi alla bolla dagli analisti.

bolla di sapone

La crescita era dovuta ad una particolare combinazione di investimenti speculativi ad alto rischio, incoraggiati sia dai mezzi di comunicazione di massa che da aziende specializzate. In particolare furono Forbes ed il Wall Street Journal ad appoggiare pubblicamente determinate società a rischio.

L’andamento degli eventi fu quello standard per una bolla finanziaria. Quando gli investitori notano il rapido aumento di determinati titoli, generalmente decidono di conseguenza di investire ulteriormente per aumentare i margini di guadagno in previsione di ulteriori aumenti. Si tratta di un comportamento che esula dalla logica del normale equilibrio fra valore reale dell’impresa e valore delle azioni che lo rappresentano: in altre parole gli investitori stanno sopravvalutando un’azienda o – come nel caso in questione – un intero settore di mercato.

Il disequilibrio può raggiungere livelli critici e se da parte delle aziende non avviene una contromossa che giustifichi l’aumento dei prezzi è molto probabile che la bolla “scoppi”. Si assiste quindi ad un crollo verticale del valore azionario e ad un’ingente perdita di soldi da parte degli speculatori e ad una perdita di capitale delle aziende.

L’ingresso nel nuovo millennio per questo settore è stato quindi decisamente sanguinoso. Alcuni grandi nomi attuali, come Cisco, Amazon e Google, sopravvissero a stento e pagarono il prezzo degli eventi attraverso un seguente periodo di contrazione degli utili. La maggior parte delle altre dot-com, invece, vennero liquidate o dichiararono bancarotta, con perdite di capitale gigantesche. Molti dirigenti delle aziende in questione vennero accusati e processati per frode ai danni degli azionisti dovuti a segnali di investimento totalmente fuorvianti. La bolla delle dot-com fu probabilmente la più importante lezione che le aziende online dovettero imparare a proprie spese, e con loro gli uomini di marketing in esse coinvolti.