13 consigli di copywriting per scrivere bene i propri testi

Come specificato anche nella nostra guida al copywriting, quando si tratta di scrittura di regole indiscutibili non ce ne sono ma tecniche da poter utilizzare sì. Alcune consolidate, altre meno; alcune che funzionano più o meno sempre, altre che risultano essere utili solo in certi casi; alcune che sono congeniali un po’ a tutti, altre solo a qualcuno.

Il discorso, per quanto riguarda un’efficace scrittura per il web, la fanno vari elementi e la capacità di impiegarli nel modo adeguato, ma tutto, in pratica, è concentrato su un proposito di base: coinvolgere il lettore.

È questo in pratica lo scopo ultimo di ogni contenuto che circola in rete e che non deve mai mancare: la capacità di creare interesse.

Copywriting

Premesso questo, credo che, come un artigiano ha i suoi attrezzi, chi scrive abbia a disposizione degli strumenti che possono aiutarlo nella realizzazione di un “buon prodotto”, ma che da soli, senza la “mano” del loro artigiano, potrebbero non essere sufficienti a realizzare qualcosa di davvero efficace.

Tecniche di esposizione, impiego di figure retoriche, modo con cui rivolgersi al lettore: strumenti, espedienti che nel copywriting possono essere utilizzati al fine di “prendere” chi legge, ma che devono comunque essere accompagnati da una buona dose di creatività e di personale capacità di chi scrive per creare coinvolgimento.

In realtà c’è un gran parlare di tecniche di copywriting e una lunga sfilza di decaloghi che si dichiarano “sicuri” per scrivere testi efficaci o che, anche, possono venire in aiuto a un copywriter nel momento in cui ha perso un po’ della sua ispirazione.

Al di là delle “regole”, ciò che secondo il mio parere può venire più utile sono le riflessioni da parte di chi ha lavorato in modo approfondito nel campo e che può dare suggerimenti partendo da un’esperienza personale, ma sempre senza dimenticare – come detto – che non è sufficiente utilizzare degli strumenti per avere la certezza di realizzare qualcosa di buono.

Non vorrei in questo frangente soffermarmi su quelle che sono le prassi a cui dovrebbe essere sottoposto un contenuto per ottenere una buona visibilità in rete e quindi accenno solo brevemente che (anche se poi i criteri di Google cambiano in continuazione e riguardano un insieme complesso di fattori) ci sono degli accorgimenti tecnici che influiscono sul posizionamento sui motori di ricerca dei testi pubblicati online. Al di là di questo, vorrei soprattutto considerare alcuni accorgimenti che ritengo basilari nel copywriting, mancando i quali, secondo me, neanche una prassi tecnica seguita alla perfezione può supplire per creare un testo davvero efficace.

Saper scrivere in italiano corretto

Ritengo fondamentale che qualsiasi testo venga scritto in italiano appropriato, corretto dal punto di vista grammaticale, sintattico. Ben venga un approccio diretto, con un linguaggio (quando opportuno) anche colloquiale, ma senza dimenticare le regole basilari dell’ortografia e della costruzione di una frase. Ci sono articoli, buttati in rete, che possono seriamente minare la già poca confidenza che si ha in generale con la lingua italiana. Perché incrementare gli errori e non sforzarsi, prima di tutto, di scrivere in un italiano corretto, così da trasmettere giuste regole a chi legge? Una certa responsabilità, anche riguardo questo aspetto, chi scrive per le pagine web – ormai oggi, purtroppo, più “sfogliate” di quelle cartacee – dovrebbe sentirla.

Fare ricerca

Fare ricerche, ottenere informazioni, essere curiosi, cercare il pelo nell’uovo, sentire più campane. Non credo che tutti quelli che scrivono per il web abbiano sempre presente che ciò che viene messo in rete diventa informazione. Dare informazioni consultando fonti attendibili (e possibilmente senza fermarsi ad una soltanto), cercare anche notizie curiose, interessanti, che vadano a stimolare i più diversi campi di interesse dell’utenza. Sapere, insomma, di cosa si scrive. Non dico sia indispensabile dover utilizzare un prodotto in prima persona per poterne parlare, ma almeno approfondirne la conoscenza, andare al di là delle notizie più divulgate, secondo me è importante. Essere credibili, insomma, ma non perché si è bravi a giocare con le parole, ma perché si sa di cosa si parla.

Avere il proprio stile

Essere riconoscibili, usare la propria personalità. Cosa importante per chi scrive, ma non meno per chi legge. Ciò crea interesse e incuriosisce il lettore e non fa perdere di identità a chi scrive. Benché sia difficile definire cosa sia uno “stile di scrittura”, tutti noi ci rendiamo conto se siamo o meno di fronte a un testo scritto “con stile”. Qualcosa che si “avverte” e che fa sì che si crei un interesse maggiore.

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Evidenziare più aspetti

Cercare di far risaltare più aspetti di un argomento, magari anche i lati più “scomodi”, permette di coprire l’interesse in un maggior numero di utenti. Perché – secondo me non bisogna dimenticarlo – il nostro testo, una volta in rete, potrà incontrare lettori del tutto diversi tra loro. Un modo per avvicinarsi quindi a utenti con differenti interessi, sollecitare bisogni diversi, dare informazioni in più rispetto a quelle che possono essere reperite con più facilità in rete, presentare in modo più completo una notizia, un’informazione, un prodotto.

“Muovere” il pensiero

Un testo che riporta dati assoluti in alcuni casi può essere utile, in altri casi no. Ovviamente questo dipende dal testo che si vuol scrivere, ma non credo sia una cattiva “regola” partire dal presupposto che talvolta chi legge desidera avere spunti di riflessione, non sentirsi ripetere ciò che già sa o con cui è necessariamente d’accordo. Nel proprio piccolo, quindi, anche riportando notizie già presenti in rete, è possibile suscitare un pensiero critico in chi legge, generare un “movimento” che vada al di là di una fruizione passiva. Si tratta in sostanza di quel “qualcosa in più” che può rendere interessante un articolo e che dà la possibilità all’utente di pensare, non solo di prendere.

Raccontare una storia appassionante a chi legge

Utilizzare la narrazione per creare emozioni, senso di appartenenza, coinvolgimento. Il racconto è qualcosa che appartiene a tutti; è il modo con cui, da piccoli, “entriamo” in una favola e ci sentiamo “dentro” a quella favola e il modo in cui, da adulti, ci raccontiamo quotidianamente e ascoltiamo gli altri raccontarsi. Nel copywriting lo storytelling è ormai una tecnica consolidata, utile ed efficace per una lunga serie di motivi, su questo sembra proprio non ci piova. Non ultimo il fatto che il raccontare induce al trasmettere, e ben sappiamo quanto sia importante il passaparola per il web, per la pubblicità come per qualsiasi informazione e notizia.

Far sorridere

Da non sottovalutare, secondo me, l’utilizzo dell’umorismo e, in generale, saper far sorridere. Un testo del tutto “piatto”, che non va a sollecitare almeno un po’ quella componente di divertimento che per fortuna ancora appartiene al genere umano, ha meno effetto di una frase che suscita un sorriso. Riuscire a far sorridere è sempre buona cosa, nella vita reale come sul web. A volte questo è più semplice, altre volte meno. Ovvio: dipende anche dall’argomento che si sta trattando, dall’oggetto del nostro scrivere, ma da considerare che, anche un argomento tecnico, che all’apparenza potrebbe non suscitare così tanta festosità, potrebbe essere “raccontato” riuscendo a far sorridere. Sorridere, in generale, fa bene.

Essere semplici

… che non significa scrivere cose stupide, ma scrivere di argomenti e temi anche complessi ma in modo chiaro. Solitamente un elemento su cui ci si basa quando si scrive per il web è il target di riferimento. Questo è importante, certo. Questo però non significa che si debba partire dal presupposto che chi legge sia ottuso né che quel testo non possa interessare anche chi non è ferrato in materia. Anche una terminologia tecnica può essere introdotta senza problemi e risultare comprensibile se il modo di esporla è chiara e trasparente. Personalmente, ho la convinzione che non si debba essere mai troppo ricercati nella scrittura, ma parto sempre dal presupposto che il mio lettore non sia uno stupido. Usare esempi specifici e semplici è sempre opportuno. L’esempio è sempre utile per conquistare quella cosiddetta “memorabilità”, tanto utile in pubblicità ma in generale in ogni ambito, e per aiutare il lettore alla comprensione anche di argomenti e pensieri complessi.

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L’esposizione del testo

Anche se apparentemente l’aspetto grafico di un contenuto di testo potrebbe sembrare poco influente sull’efficacia del testo stesso, non lo è. In generale si tratta di tutto ciò di cui si occupa il graphic design, ovvero la disposizione di un testo sulla pagina, gli spazi che danno respiro alla lettura e la facilitano, la sua struttura (ad esempio con una divisione in paragrafi), la lunghezza delle frasi, il suo essere intervallato da contenuti visivi (immagini o video), il tipo di carattere da stampa utilizzato (molto importante per una buona lettura la scelta dei font, delle spaziature ecc.).
Tutti aspetti “estetici” che partecipano al risultato di fruizione da parte di un utente. Come dire: anche l’occhio vuole la sua parte, e non solo perché ci piace di più leggere qualcosa di esteticamente “bello”, ma anche perché l’azione della lettura ne viene facilitata. L’aspetto visivo di una pagina è importante sulla carta stampata e oserei dire ancora di più quando la fruizione avviene tramite dispositivi digitali.

La struttura del testo

A questo proposito vorrei ricordare che scrivere per il web non è esattamente come scrivere per la carta stampata e per vari motivi, non ultimo il modo con cui il mezzo digitale viene utilizzato dagli utenti e la modalità di lettura che questi impiegano. Una delle costruzioni per il web più nota è quella della cosiddetta “piramide rovesciata”, ovvero una struttura che parte dal “succo” dell’articolo per poi ampliare solo in seguito l’informazione. La notizia quindi, meglio se sottolineata da un buon titolo, viene subito riportata nelle prime righe, per suscitare immediato interesse e curiosità, per poi essere spiegata successivamente. Un sistema che considera la velocità con cui oggi si è soliti scorrere le pagine in rete, il modo in cui si tende a ottenere notizie e informazioni. Una tecnica spesso utilizzata e che dà sicuramente risultati, ma che – sempre secondo me – se non affiancata da altri elementi, non è sufficiente a determinare l’efficacia di un testo in rete.

Rispettare i lettori

È importante, quando si scrive, cercare di immaginare quale/i emozione/i può suscitare il nostro scritto a un potenziale lettore. Ora: questo è un discorso lungo e complesso, ma credo che in questa sede sia sufficiente ricordare che qualsiasi messaggio trasmette una o più emozioni e che “lanciare” i propri contenuti in rete significa incontrare molte persone, tutte diverse tra loro e diverse da noi. Dietro allo schermo dove scorre il nostro testo ci sono persone reali, con una vita diversa dalla nostra, con storie diverse dalla nostra ed emozioni diverse dalle nostre. Questo aspetto non deve essere mai trascurato, né per riuscire ad “agganciare” l’interesse di un pubblico più vasto, né – soprattutto – per il rispetto di ognuno. Se c’è mancanza di rispetto, arroganza, presunzione in chi scrive, anche da poche righe questo può trasparire. E non è né civile né produttivo.

Considerare il target

In generale, chi scrive per il web scrive per un determinato target e lo scopo è quello di convincerlo della bontà di ciò che viene proposto o di rafforzare la sua fidelizzazione. Il fine ultimo, insomma, dovrebbe essere quello di “acchiappare”, “convincere”. A mio parere, avere sempre e solo in mente questo, al contrario di quanto affermano alcuni grandi maestri del copywriting, non è così produttivo, o meglio non è scontato che lo sia.

Concentrarsi solo sul target e volere che questo sia portato a rispondere sempre “sì” a quello che si propone, non credo porti necessariamente e a lungo a risultati positivi. Credo piuttosto che riuscire a suscitare un interesse non significhi solo proporre qualcosa che già si sa l’utente tenderà ad accettare e non è neanche sforzarsi di trovare parole “magiche” (che non esistono) perché questi non possa resistere alla nostra proposta. Credo che talvolta sia più efficace riuscire a sollecitare la possibilità che gli utenti (anche di target diversi) diano credito a qualcosa perché lo considerano valido, non perché qualcuno (chi scrive) dice debba esserlo.

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Secondo me in alcuni casi potrebbe essere più efficace un messaggio testuale che non si concentri soltanto su un terreno già battuto, su un “gioco facile”, quanto un messaggio che riesca a creare un “interesse di valore”. Aprire le porte, insomma, anche a lettori/fruitori/clienti potenziali, dando loro la possibilità di ritenere interessante ciò che viene proposto. Anche in questo caso il passaparola può entrare in azione: capisco che una determinata cosa non è di mio interesse ma la ritengo comunque valida e la trasmetto, la condivido. Il discorso, poi, è sempre quello: non partire con il preconcetto di essere di fronte a un gregge e che la nostra bravura si misuri nel grado in cui siamo capaci di fargli fare quello che vogliamo noi, ma essere consapevoli di avere a che fare con persone, che quindi pensano, sanno valutare e che debbono essere libere di scegliere.

Usare le figure retoriche

Già, perché le figure retoriche riportano a modalità di comunicazione che hanno effetto un po’ su tutti, al di là che se ne conosca tecnicamente la tipologia. Acchiappano, fanno presa, entrano dentro. Una specie di linguaggio universale, atavico, comune, che riprende dalle storie che ci raccontavamo attorno a un focolare. La figura retorica colpisce, entra, al di là di una spiegazione per filo e per segno di qualcosa. Incide. Va a toccare quell’aspetto della “memorabilità”, dell’immediatezza, molto importante perché un messaggio venga recepito, associato, ricordato. Rime, assonanze, allitterazioni, metafore, onomatopee…

Come rivolgersi a chi legge

Voglio essere critica: non sempre secondo me questo benedetto “tu” è fondamentale nei testi proposti in rete. Tutto questo gran dire che è necessario rivolgersi al lettore con il “tu” non mi sembra sempre indispensabile e alla fin fine sempre efficace. Sentirsi parte di qualcosa è importante, ma quello che si legge in rete a volte è disarmante e fa perdere la voglia di continuare a leggere.

Talvolta alcuni testi, proprio per questo massiccio utilizzo del “tu”, sembrano essere talmente concentrati su questa regoletta che perdono di vista tutti gli altri elementi della comunicazione. Se mi si rivolge con il “tu”, come se mi si parlasse personalmente, per quanto riguarda un determinato ambito (prodotto, servizio, qualsiasi cosa) che non rientra nei miei interessi, potrei anche sentirmi escluso, potrei anche avvertire lontananza, non necessariamente il desiderio impellente di agire per diventare quel “tu” (leggi: acquistare, ottenere, possedere). D’altra parte, il “tu” può invece essere incisivo in determinati contesti per creare desiderio di “diventare quel tu” a cui ci si rivolge. Come dicevo: non ci sono regole precise e non credo sia vero che rivolgersi sempre e comunque con il “tu” a un utente (regola che in alcuni settori e ambiti sembra invece essere sacrosanta) porti automaticamente a risultati positivi.

Talvolta potrebbe essere più appropriato far intuire a un lettore che gli viene data la possibilità di poter “entrare in un noi” che farlo sentire un “tu” isolato o un “tu” escluso, così come, in altri casi, potrebbe non esserci affatto bisogno di “personalizzare” un testo per renderlo più efficace. Molto, infatti, dipende dal tipo di contesto in cui si agisce. Se proprio dobbiamo parlare di pronomi personali, trovo, in questo senso, più interessante che chi scrive parli in prima persona che si rivolga con il “tu” al suo lettore.

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Insomma, in questo testo mi sono spiegata bene? Chissà, spero di sì. Al di là dell’essere d’accordo o meno con le mie opinioni su certi aspetti, potrei ritenermi soddisfatta se fossi riuscita a dare alcuni spunti di riflessione a chi è arrivato a leggere fino a qui. Perché, alla fin fine, questi sono tutti espedienti, trucchi, strumenti, accorgimenti che funzionano se si instaura una certa credibilità, se si riesce a creare un valore per chi legge al di là del fatto puramente commerciale, e che spesso lavorano insieme per rendere efficace un testo. Tirando le somme: non esistono formule e parole magiche, ma esistono persone che scrivono utilizzando, più o meno bene, degli strumenti e delle tecniche e che riescono a produrre testi più o meno efficaci.

Chiudo ricordando la ben nota regola, tante volte raccomandata a chi scrive per il web, che dice che un buon testo deve “chiamare all’azione”. Bene, sono d’accordo. Ma l’azione parte dal pensiero, e se un copywriter non riesce a “muovere il pensiero” di chi legge, non è detto che l’azione seguirà di sicuro la lettura del suo messaggio testuale. Certo: ci saranno sempre utenti più portati a prendere per oro colato quello che viene propinato loro con belle parole, ma voglio continuare a credere che la maggior parte delle persone che usufruiscono della rete non siano tutte così e che sappiano invece innanzitutto leggere i propri bisogni e le proprie esigenze e valutare la bontà di ciò che viene proposto al di là di ogni regola, che se talvolta è valida per un buon posizionamento sui motori di ricerca, non è detto però lo sia altrettanto per un essere umano.

Alessandra Buschi

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