Le figure retoriche, ovvero la base del copywriting

Scrivere implica qualcuno che legga.
Al di là del fatto che la questione possa richiamare diverse considerazioni in campo narrativo e poetico, questo assunto è fondamentale per chi si occupa di scrittura nel campo pubblicitario. Nel copywriting, infatti, considerare il destinatario del proprio messaggio è fondamentale.

La comunicazione pubblicitaria si basa principalmente su due linguaggi: quello iconico e quello verbale, che in alcuni casi e in relazione al mezzo con cui essa verrà veicolata, lavorano insieme per raggiungere l’obiettivo prefissato.

Sia per il linguaggio iconico sia per quello verbale è possibile parlare di diversi codici linguistici sui quali si baserà la costruzione del messaggio, che verranno scelti in base a diversi fattori, tra i quali il target al quale ci si vuol rivolgere.

figure retoriche

Nel caso in cui l’obiettivo è quello di riferirsi a un determinato pubblico, può essere relativamente semplice individuare il codice linguistico più efficace per far arrivare un messaggio, mentre non lo è altrettanto quando ci si vuol indirizzare a un pubblico di massa, quindi eterogeneo.

È quindi in molti casi fondamentale, nel copywriting, riuscire ad adottare strategie in grado di sollecitare con poche, incisive parole, l’utenza per poter arrivare in modo adeguato ed efficace a target anche molto diversi fra loro.

Le figure retoriche nel copywriting

Quando si è di fronte a una platea differenziata è importante saper rendere adeguato il linguaggio per poter entrare in comunicazione con tutti o comunque dare la possibilità che il nostro messaggio venga recepito in modo efficace dal maggior numero di persone.

Un aiuto, in questo senso, per il copywriter e l’ambito pubblicitario in genere, viene dall’utilizzo delle figure retoriche, ovvero quelle particolari forme espressive che danno maggiore incisività al discorso e che facilitano la comprensione del messaggio da parte dei destinatari.

Artifici, quindi, che possono dare un effetto maggiore a un messaggio perché questo possa venir recepito e ricordato, aumentandone così la capacità comunicativa e persuasiva.
Esistono diverse classificazioni delle figure retoriche, che solitamente vengono comunque distinte in figure di significato o contenuto, di parola e di pensiero.

Se le figure retoriche sono proprie dell’arte oratoria e della letteratura fin da tempi antichissimi, esse sono oggi di sicuro particolarmente abbondanti nel campo della pubblicità, soprattutto per quanto riguarda i brevi messaggi pubblicitari che hanno lo scopo di descrivere in modo essenziale il prodotto o il servizio e far sì che esso venga promosso e ricordato.

Artifici linguistici di cui sono pieni i nostri spot e che vengono utilizzati proprio per renderli riconoscibili, efficaci e possibilmente memorabili, e che tendenzialmente riescono a comunicare in modo immediato un concetto, un’idea, una proposta legata a un prodotto o insomma a qualcosa che si vuol presentare a un pubblico.

Le figure retoriche facilitano infatti l’assimilazione dei concetti per la loro immediatezza di comunicazione e per il fatto che, creando un effetto, stimolano in modo efficace il ricordo e la curiosità.

Tra queste, molto utilizzata in pubblicità, la ripetizione di suoni o sillabe, di parole o strutture di frase, di significati o concetti. Non mancano, sempre nell’uso pubblicitario, combinazioni di due elementi, con contrapposizioni tra suoni, tra parole o concetti, così come figure che, proponendo un messaggio non completo o “storpiato” che sta a chi legge ricostruire, fanno leva in modo particolare sulla curiosità.
Non raro, inoltre, anche il riscontro di più figure retoriche nello stesso payoff.

Copywriting

Alcuni esempi di figure retoriche in pubblicità

  • Allitterazione
    Consiste nella ripetizione della stessa lettera, consonante o sillaba all’inizio o all’interno di parole contigue. Esempi in pubblicità sono: “Bene? Benegol”; “Ceres, c’è”; la ripetizione della lettera “p” in “Peugeot. Perchè l’auto sia sempre un piacere”. Possono rientrare in questo tipo di artificio anche “Sete d’estate? Sete di Estathé” e “Fiesta ti tenta tre volte tanto”.
  • Anafora
    È la figura retorica che consiste nel ripetere una o più parole all’inizio del testo e di suoi altri segmenti successivi per sottolineare un’immagine o un concetto, come nella pubblicità della Rai “Di tutto, di più” e in quella del caffè Lavazza “Più lo mandi giù e più ti tira su”.
  • Anadiplosi
    È una figura retorica di parola che consiste nella ripetizione di uno o più elementi terminali di un segmento di discorso e all’inizio di quello successivo. Un esempio, lo spot con Renato Pozzetto della Motta “Il Natale quando arriva arriva”.
  • Antitesi
    Esprimere un concetto evidenziando il suo contrario, lo rende più incisivo. È questo il caso di payoff quali “Buono da diventar cattivi” del Kinder Bueno e “Più lo mandi giù e più ti tira su” del caffè Lavazza, che può essere considerato anche un’allitterazione e un’anafora, visto che c’è una ripetizione all’inizio dei due segmenti, nonché un isocolon, dato che la frase è composta da identica struttura sintattica, ampiezza e metrica.
  • Antonomasia
    È una figura retorica di contenuto in cui a un nome si sostituisce una denominazione che lo caratterizza. In pubblicità vengono usati i nomi propri dei marchi al posto di un nome comune: “Liscia, gassata o Ferrarelle?; “Non si dice Sambuca, si dice Molinari”.
  • Chiasmo
    Con il chiasmo si crea uno schema AB, BA, ovvero un incrocio tra due coppie di parole. “A sporchi estremi, estremi rimedi” dello sgrassatore Cif.
  • Climax
    L’idea viene espressa con più parole che vanno via via aumentando di grado. Esempio ne è “Altissima. Purissima. Levissima”, noto slogan che si rifà anche alle figure retoriche dell’iperbole, della ripetizione e della rima.
  • Commutatio o permutatio
    Questa figura retorica, chiamata dagli anglosassoni “antimetabole”, consiste nell’invertire l’ordine di due elementi ottenendo significati speculari. In pubblicità, un esempio è quello del detersivo Sole: “Qualità senza risparmio o risparmio senza qualità?”
  • Diafora
    Consiste nel ripetere due parole identiche modificandone o amplificandone il senso, come in “Non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello” (pennelli Cinghiale) e anche in “Piace alla gente che piace” (auto Lancia Y).
  • Domanda retorica
    Un classico delle figure retoriche, utilizzato anche in pubblicità: “Che mondo sarebbe senza Nutella?” e, dando anche una riposta: “Che cosa vuoi di più dalla vita? Un Lucano!”.
  • Enumerazione
    Consiste nell’elencazione di parole senza l’utilizzo di congiunzioni, ovvero per asindeto, come nella frase pronunciata da Enrico Brignano “Provami, assaggiami, amami” per la campagna pubblicitaria Paradiso Lavazza firmata da Armando Testa.
  • Epanalessi
    Viene raddoppiata un’espressione, come in “Piano piano, buono buono” dei prodotti Maina e nello spot anni Ottanta “Se qualcuno ruba un fiore per te, sotto sotto c’è Impulse”.
  • Epifora
    È la figura retorica speculare all’anafora che consiste nella ripetizione di una o più parole alla fine di enunciati successivi, come in “Montagna di problem? Stirella No Problem” della Simac.
  • Iperbole
    Un modo di rendere più incisivo uno slogan: esagerare. Esempi ne sono: “Più bianco non si può” della Dash; “Tronky. Fuori croccantissimo, dentro morbidissimo”; “Altissima. Purissima. Levissima”, così come, dal punto di vista delle immagini, l’esagerazione del sapore dei chewingum Vigorsol.
  • Isocolon
    Tra due o più segmenti c’è una completa equivalenza della struttura sintattica, dell’ampiezza e della metrica. Tipici esempi in pubblicità: “Più lo mandi giù e più ti tira su” del caffè Lavazza e, per una nota lozione antizanzare, “Nè unti, né punti”.
  • Metafora
    Un temine viene sostituito con un altro il cui senso letterale ha una qualche somiglianza col senso letterale della parola sostituita. In pratica una similitudine abbreviata. Esempi di payoff: “Fate l’amore con il sapore” per lo yogurt Müller; “Red Bull ti mette le aaali”; “Metti un tigre nel motore” dei carburanti Esso; “Ditelo con i fiori” (Wheeler).
  • Metonimia
    Vi è una sostituzione di un termine con un altro con il quale questo ha un rapporto di contiguità logica. In pubblicità, vi è quindi un trasferimento del nome del prodotto a qualcosa che ha un rapporto con esso: “Milano da bere” (amaro Ramazzotti); “Fidati del rosa” (detergenti Vanish); Tetra Pak protegge la bontà”.
  • Onomatopea
    Basta ricordare “Brrr… Brancamenta” per capire che l’onomatopea si ha quando una parola imita il suono dell’oggetto o dell’azione che significa. Qui, siccome la bevanda viene bevuta ghiacciata, viene riprodotto il suono del brivido che è anche l’inizio del nome del marchio.
  • Ossimoro
    È un’unione paradossale di termini di senso opposto, quindi una forma particolare di antitesi, come per esempio in “Un caldo inverno” (Singapore Airlines) e, per quanto riguarda la moda, “Hermés, artigiano contemporaneo dal 1837”.
  • Paronomasia o paronimia o bisticcio
    Il suono delle parole è affine, ma i significati sono diversi: “C’è chi… e c’è Chinò”; “Fiesta ti tenta tre volte tanto”; “La birra che birrei” (birra Dreher); “I migliori anni della nostra vite” (vini Zonin); “Delicata a te” (acqua Panna).
  • Personificazione e prosopopea
    Esempi ne sono il nome proprio di persona scritto sui barattoli della Nutella o sulle lattine della Coca Cola, ma anche il respiro tipico dei viventi per un oggetto come le calzature Geox (“La scarpa che respira”), per “La lavatrice vive di più” dei prodotti Calfort e, per Alessi, “La cucina cambia faccia”. In questi casi si può parlare nello specifico di “contradictio in adiecto”, visto che vengono accostati un sostantivo e un verbo incompatibili fra loro. Alto tipo di personificazione è quello di oggetti che “prendono vita”, come in alcune pubblicità della Michelin.
  • Pleonasmo
    Consiste nel ripetere in un enunciato una o più parole che grammaticalmente o concettualmente non sono necessarie, come nella frase pronunciata da Gigi Proietti “Kimbo, a me… me piace” e anche, per gli elettrodomestici, “Noi della Rex, noi ci abbiamo pensato”.
  • Rima
    Esempi di rime in pubblicità ve ne sono moltissimi: “Ava come lava”; “Titilla la papilla” per quanto riguarda le caramelle Golia; “Renault Weekend: we can”; “La Coop sei tu, chi può darti di più”; “Alle morbide Fruit Joy, tu resistere non puoi”; “L’analcolico biondo che fa impazzire il mondo” della Campari (che è anche un’iperbole, visto che vi è un’esagerazione della realtà); “Candy sa come si fa” (elettrodomestici Candy); “Trony. Non ci sono paragoni”; il Nesquik che “Col sapor di cioccolato rende il latte prelibato”; “O così. O Pomì” per quanto riguarda la passata di pomodoro e “Altissima. Purissima. Levissima” per quanto riguarda l’acqua minerale.
  • Similitudine
    C’è un paragone per mezzo di elementi quali “come”, “tanto”, “tale”, “simile a”. Un esempio: “Dolce come un abbraccio” delle caramelle Alpenliebe.
  • Sinestesia
    È un tipo di metafora in cui vi è un trasferimento di significato in ambito sensoriale: “Il lato morbido della grappa”; “Sapore alto”; “Toccate con gli occhi”.
  • Understatement
    Opposto all’iperbole, con l’understatement si sminuisce, si sottostima, la descrizione della realtà. Un esempio in pubblicità: “Il rum più bevuto nei peggiori bar di Caracas” (rum Pampero).
  • Per approfondire, ti consiglio di leggere la nostra guida al copywriting.

    Alessandra Buschi