Content marketing: perché può convenire sostenere un brand con un progetto editoriale

Per le aziende comunicare è diventato sempre più difficile. Se prima ci si limitava a scrivere e a diffondere semplici e freddi comunicati stampa e si affidava il proprio messaggio alle campagne pubblicitarie, ora il discorso ha preso una piega tutta diversa.

E’ un concetto che abbiamo affrontato più volte: sono le persone stesse ad essere cambiate. Amano andare in fondo alle cose, sono più consapevoli ed informate e non apprezzano il fatto di essere prese, per così dire, in giro da spot magari divertenti, magari emozionanti, ma che ai loro occhi possono risultare uno specchietto per le allodole.

Ecco perché le aziende cominciano a sentire la necessità di mettersi in gioco, mostrando una parte più umana al proprio pubblico e cercando di avvicinare i clienti in modo più personale, al pari di una conversazione tra amici. Il content marketing nasce così. Dal bisogno di tessere legami e intraprendere relazioni, che vadano al di là della semplice comunicazione istituzionale.

figure retoriche

La storia del content marketing

In realtà abbiamo tutta una serie di esempi di content marketing, anche storici. Esempi che non trovano le loro radici nel marketing 3.0, ma che anzi dimostrano la lungimiranza e il guizzo geniale di alcuni vecchi imprenditori.

Il primo, la case history che tutti i content marketing manager conoscono, quasi fosse la Bibbia, è quello del The Furrow Magazine, una rivista creata nel 1895 dall’azienda agricola americana più famosa al mondo, la Deere & Company. Il suo prodotto era già di per sé rivoluzionario, in quanto il suo fondatore realizzò il primo aratro con la lama spezzata, che segnò un cambiamento epocale nel mondo dell’agricoltura. Ma il passo successivo, quello che ci interessa in questa sede, forse lo è stato ancora di più. Il magazine è nato con l’intento di spiegare ai contadini come utilizzare al meglio l’aratro e da allora continua ad essere un prodotto di eccellenza nel mercato editoriale, senza alcun tipo di pubblicazione autoreferenziale al suo interno, né contenuti pubblicitari.

Stesso discorso per altri esempi famosi. Come la Guida Michelin o la Procter & Gamble, che sponsorizzò per la prima volta un serial drama e che diede il via alla lunga e fortunata saga delle soap opera. Aziende con un core business ben preciso, che si sono affacciate a mondi che in qualche modo avevano a che fare con il proprio pubblico e che, in buona parte, devono a questa innovativa strategia di content marketing parte del loro successo.

Perché fare content marketing

Un buon marketing manager non può prescindere dal pensare al content marketing come ad un qualcosa da inserire nella propria strategia aziendale. Negli ultimi dieci anni, infatti, il content marketing ha stravolto in modo quasi totale il modo di concepire l’advertising classico.

Questo perché è diverso completamente l’approccio. Il content marketing, che può assumere forme diverse, dal blog aziendale, alle infografiche, ai video e ai webinar, tanto per fare qualche esempio, ha lo scopo ultimo di informare i clienti e di farli avvicinare al brand in modo già soft e intimo. Certo, l’obiettivo di ogni azienda è convertire, battere cassa e vendere i prodotti o i servizi.

Ma, possiamo dire, che il content marketing spiega al cliente i propri valori e il proprio modo di intendere la vita e lo conduce verso il percorso di acquisto in maniera naturale e quasi spontanea. Non servono necessariamente grossi budget per fare content marketing e quindi pensare che sia uno strumento appannaggio solo delle grandi aziende è un errore. Quello che conta è riuscire a trovare il modo giusto di conversare con i clienti attraverso i contenuti.

disintermediazione - tablet

Come fare content marketing

Abbiamo sottolineato come fare content marketing possa voler dire affrontare ed utilizzare diversi metodi e canali. Il blog aziendale, rimane però l’ambiente migliore per sviluppare questo tipo di strategia. A patto di rispettare alcune semplici regole che sono le stesse che dovrebbero adattarsi ad ogni tipo di strategia di marketing intrapresa per il proprio business. Ovvero, quali sono i benefici che ne andremmo a trarre? A chi ci rivolgiamo? Per quale motivo le persone dovrebbero essere attratte dai nostri contenuti? Il blog diventa così lo strumento indispensabile per raggiungere diversi obiettivi:

Quando si decide di aprire un blog aziendale, però, di solito ci si trova davanti ad una “macro scelta”. E’ meglio aprire un blog interno al proprio sito web o uno che abbia un indirizzo esterno? Nel web possiamo trovare diversi case history sia dell’uno che dell’altro.

Intel con il suo IQ e Target, ad esempio, possiedono un blog costruito su un sottodominio, che più o meno richiama il layout grafico del sito principale.

Altri, invece, come la Redbull, l’Adidas e Adobe hanno un blog che presenta un suo dominio ben distinto da quello ufficiale dell’azienda e spesso non ci si accorge nemmeno di navigare su un blog, chiamiamolo, “brandizzato”.

Sono due scelte totalmente differenti, ma a volte può essere più producente realizzare un progetto editoriale al i fuori del proprio sito web ufficiale, proprio per conferire più autorevolezza al blog. In questo modo il pubblico entrerà in contatto con il mondo aziendale perché realmente interessato ai contenuti di valore che può trovare nel suo blog. Si tratta di inbound marketing allo stato puro e, se fatto nei modi giusti, può apportare moltissimi benefici in termini di contatti e fatturato.

Certo, è vero che un blog aziendale interno risulta in ogni modo più performante in termini di SEO. Mi spiego meglio. Partiamo dal semplice presupposto che ogni sito deve essere costruito in modo tale da essere letto dai motori di ricerca velocemente e in maniera efficace. Attraverso un blog interno al sito si può aumentare il numero di url presenti sui motori di ricerca e curando con attenzione la strutturazione dei link interni si può favorire il posizionamento SEO di pagine del sito che risultano importanti per convertire.

Un blog interno frequentemente aggiornato può divenire quindi il vero ‘motore’ di un sito aziendale, attrarre nuove link e rendere il dominio nel complesso più performante su Google.

Si tratta di vantaggi che un blog esterno non può garantire. D’altro canto, un blog esterno è sicuramente la scelta migliore quando si ha necessità di creare un nuovo brand di sostegno. Il fatto di essere ospitato su un diverso dominio permette inoltre di personalizzare il layout e la linea editoriale differenziando sia la grafica che i contenuti da quelli ospitati sul sito aziendale. Inoltre, se fatto con competenza e moderazione, un sito esterno può contribuire alla link building del sito madre.

Tutto sta nell’ideazione della strategia iniziale. Nel capire cosa è più in linea con l’azienda e con il suo modo di operare.

A questo punto la palla passa a voi. Avete un blog aziendale? State pensando di realizzarne uno? In che modo?

Giulia Salis