Debranding e reverse branding

La costruzione di un brand può attraversare varie fasi, compresa quella della decostruzione o di una ridefinizione totale o parziale dell’identità del marchio. Il rebranding può essere definito come un cambio di forma e sostanza rivedendo i punto essenziali del marchio per potersi adattare ai cambiamenti del contesto e del pubblico. Ma ultimamente si sta molto diffondendo la tendenza al debranding o al reverse branding. Stiamo diventando tutti più consapevoli dell’importanza della qualità a discapito della quantità. Tendiamo – o almeno vorremmo farlo – a comprare meno per farlo meglio valorizzando il prodotto. Di questo si stanno rendendo conto anche le aziende che stanno quindi optando per una ridefinizione del loro modo di comunicare e di proporsi al pubblico, mettendo mano anche alla comunicazione del brand.

reverse branding

Cos’è il debranding?

Fare debranding significa attuare un refresh del marchio dal punto di vista visivo ma anche e soprattutto concettuale, focalizzandosi sull’essenza del prodotto. Vuol dire adottare un nuovo tipo di comunicazione priva di qualunque tipo di orpello o di elementi di troppo relativi al marketing o al packaging. Si concretizza nella realizzazione di loghi solamente grafici, molto stilizzati, meno invasivi e senza il nome del brand. Il brand infatti resta sullo sfondo dando maggiore importanza alle informazioni sul prodotto, alla sua qualità, alla fiducia degli utenti e al mondo di valori del consumatore.

L’evoluzione del branding

La tendenza al debranding rappresenta l’evoluzione dei fondamenti del branding: un marchio ben costruito deve essere sempre riconoscibile. In questo caso invece il marchio viene spogliato dalla sua iperpersonalizzazione per incentivare un rapporto più diretto con le persone ed evitare la saturazione del marchio. Il brand si pone così molto più vicino alle persone e intende farle sentire parte diretta dell’esperienza di marketing.

Chi ha fatto debranding ultimanente?

Ciò è possibile però principalmente per quei brand fortemente radicati nell’immaginario collettivo, molto conosciuti e inequivocabili. È infatti un’operazione che stanno facendo grandi marchi di fama mondiale come Nike, Apple, Google, Twitter, Coca Cola, Nutella, Starbucks e tanti altri. Nutella ha ad esempio recentemente eliminato il logo da alcune confezioni sostituendolo con nomi propri di persona per incentivare il rapporto tra brand e consumatori. Lo stesso ha fatto anche Coca Cola mettendo sulle lattina al posto del logo nomi propri, ruoli parentali o amicali o caratteristiche delle persone e incentivando anche alla condivisione sui social.

Reverse branding, cos’è?

Anche il reverse branding punta a instaurare una maggiore connessione con il pubblico, in questo caso facendo presa soprattutto sulle tematiche ambientali e della sostenibilità. Si tratta quindi del processo per cui un brand si mostra attento all’etica e al rispetto dell’ambiente attraverso la sua comunicazione e lo fa davvero attraverso il rispetto di nuovi standard per la tutela dei lavoratori e dei processi produttivi. Un modo per i marchi di presentarsi come etici è quello di evitare i tradizionali simboli del brand, come loghi, slogan e packaging ridondante prendendo le distanze dalle pratiche consolidate. I brand, in questo caso anche e soprattutto quelli piccoli, possono posizionarsi come l’antitesi delle grandi aziende puntando a fornire meno prodotti ma di alta qualità.