Contenuto o contenitore? Le distorsioni del content marketing

Il trend di crescita delle tecniche di content marketing è molto robusto e, se osservato durante gli ultimi cinque anni, questo concetto ha chiaramente assunto una posizione dominante rispetto alle più tradizionali tipologie di marketing. Oggi è in pratica considerato l’elemento chiave della conversione dei visitatori online in potenziali clienti e, anche quando non si tratta di questa diretta conversione, il contenuto viene quasi sempre prodotto in maniera orientata al guadagno potenziale in termini di traffico. La profezia di Bill Gates, espressa nel suo breve articolo del 1996 intitolato Content is king, sta trovando la più definitiva conferma proprio in questi anni.

silence - carles gomila
Particolare di Silence di Carles Gomila, Cittadella di Minorca, Spagna.

L’enorme diffusione del content marketing sta anche contribuendo a cambiare il volto – e non solo – di internet. Se da un lato le nuove tecnologie comunicative spingono verso una penetrazione sempre maggiore delle informazioni nella vita quotidiana, dall’altro la qualità stessa delle informazioni si sta adattando a standard sorprendenti, che possono muovere non pochi dubbi. I migliori esempi per rendersi conto sono gli articoli how-to, e per rendersene conto basta provare a cercare sul web qualsiasi semplice informazione pratica, come ad esempio una guida su come scegliere una crema per le mani.

Con buone probabilità fra i primi risultati vi condurranno a numerosi articoli contenuti in altrettanto numerosi blog di argomento generalista la cui struttura ed i cui contenuti sono quasi sempre sovrapponibili. Il tono della scrittura è spesso meccanico e funzionale, o al massimo affabile – del resto, come si può non esserlo dovendo rispettare i brevissimi tempi di attenzione di un lettore online? La struttura prevede che, dopo un breve cappello introduttivo la cui omissione non toglierebbe nulla alla comprensione del testo, viene offerto al lettore un elenco di elementi essenziali a definire una panoramica minimamente soddisfacente sul problema da risolvere.

È raro che articoli di questo genere comunichino realmente qualcosa al lettore e la ragione è semplice: non sono stati concepiti per comunicare un contenuto, ma per attrarre utenti. Il titolo assume spesso più importanza del testo stesso, che viene mantenuto entro gli standard tipici di una lettura da dispositivi palmari o nelle tempistiche di una brevissima pausa lavorativa. Il contenuto, infine, è quasi sempre copiato a vicenda ed è piuttosto semplice risalire alla fonte originale, che spesso è anche l’unica. In altre parole, si tratta di un contenuto povero.

Una distorsione ancora maggiore è data dai cosiddetti list posts. Qualsiasi titolo che elenchi una serie di ragioni, segreti, tipologie o cose da fare rientra in questa categoria, come ad esempio “10 modi per innamorarsi di nuovo dopo una delusione sentimentale”. Il contenuto di articoli di questo tipo, veri e propri pacchetti pronti per essere condivisi sui social network, è quasi sempre ridotto all’osso, perché ciò che conta davvero è la capacità di attrazione che una lista di brevi concetti ha sul cervello di chi legge. Completare la lettura della lista produce nel lettore una inconsapevole soddisfazione dovuta all’aver portato a compimento qualcosa. È una specie di assuefazione. Chissà invece quanti si chiedono perché l’autore ha elencato quel determinato numero di modi: l’argomento era esaurito? L’autore era pigro? Esiste forse un undicesimo modo?

Il mantra del content marketing recita che la pubblicazione di contenuti di qualità produce ricavi conseguenti e proporzionati. L’aspetto delicato è però capire che cosa determini la qualità e soprattutto se sul lungo periodo la sua percezione da parte degli utenti cambi, e in funzione di quali parametri. Inoltre si viene a creare un circolo vizioso: la saturazione di informazioni poco rilevanti rende sempre più difficile l’emersione di contenuti qualitativamente alti, e ogni tentativo accresce quel rumore di fondo che caratterizza la comunicazione in questi anni, dove ogni concetto interessante è attorniato e a volte soffocato da dozzine di informazioni inutili dal punto di vista del lettore.

Il problema non è comunque nel content marketing in sé. Content is king è ancora una frase densa di significato, ma affinché funzioni deve essere reale: il pubblico desidera storie vere che mostrino una coerenza con gli argomenti trattati, testimonianze dirette di persone che hanno qualcosa di interessante da dire. In questi casi, il content marketing funziona e non produce distorsioni.
Ma, in caso contrario, si produce solo molto rumore per nulla.