Qualche considerazione sulla scelta di Jack Ma di lasciare Alibaba

Una notizia che in questo periodo corre lungo le pagine – o meglio le schermate – del web: Jack Ma, il fondatore di Alibaba, la ben nota compagnia cinese attiva dal 1999 nel campo del commercio elettronico e stimata come una delle più importanti del mondo, ha dichiarato di volersi ritirare dagli affari, dar vita a una fondazione benefica e tornare a dedicarsi all’insegnamento.

Certo, tutto quello che coinvolge i nomi dei grandi colossi degli affari fa notizia, soprattutto poi se si tratta di uno degli uomini più ricchi della Cina come è, appunto, Jack Ma, presidente esecutivo di una compagnia da quattrocentoventi miliardi di dollari, nata con lo scopo di connettere produttori cinesi con acquirenti e distributori stranieri e che ha saputo cavalcare così bene e nel momento giusto l’ascesa dei nuovi mezzi di comunicazione permettendo alle aziende di tutto il mondo di avere a disposizione una piattaforma funzionale per il B2B e di realizzare ottimi profitti vendendo su Alibaba.

Una scelta, la sua, che non ha poi così tanto di incredibile, che è già stata fatta in passato da molti altri grossi magnati dell’economia, compresi quelli legati alle nuove tecnologie, che non può non essere accolta se non in modo positivo e che – diciamocelo – molti di noi vorrebbero potersi permettere di fare.

Già, perché una decisione del genere, che sorprende perché coinvolge una persona ancora abbastanza giovane per quanto riguarda l’ambito lavorativo e in particolar modo perché riguarda un uomo cresciuto in un Paese come la Cina, in cui il lavoro è in pratica sacro, fa pensare, riflettere.

D’accordo: quando fra un anno – così come ha annunciato Ma stesso – lascerà, a cinquantacinque anni, il comando di Alibaba all’attuale amministratore delegato Daniel Zhang, manterrà comunque un posto nel consiglio di amministrazione della società; ad ogni modo, Ma inizierà la sua nuova vita “da pensionato” con tutti i buoni propositi che non molti possono permettersi.

Nella vita non esiste solo il lavoro e sostenere una buona causa, soprattutto negli ambienti più disagiati (Jack Ma, infatti, vorrebbe dedicarsi, come ha fatto in passato, ad insegnare inglese in un’università della provincia orientale dello Zhejiang, regione che gli ha dato i natali e che lo ha visto passare da una vita non certo agiata a quella di supermiliardario) vorrebbe poter essere il motto e la possibilità di futuro di molti. Qualcosa che rende agli occhi di noi comuni mortali un personaggio così ricco e potente un uomo più simile ai più, legato dagli stessi desideri e aspirazioni che abbiamo in tanti, ma che, a ben vedere, pochi possono concretizzare.

Una scelta che denota lungimiranza e sotto un certo punto di vista buon senso. Non credo di sbagliarmi a dire che siamo in molti ad aver infatti fantasticato, almeno una volta nella vita, di poterci ritirare dal lavoro ancora giovani per mettere a disposizione degli altri la propria conoscenza. Quello che forse invece ai più – me compresa – non sarebbe così facile neanche immaginare, è di poterlo fare con alle spalle una fortuna personale di quaranta miliardi di dollari.

Proposito di tutto merito, che non può che essere accolto con entusiasmo anche se con stupore. Quindi, ben venga la sua decisione di unirsi a quei milionari benefattori che per lo meno hanno il buon senso e la capacità umana di condividere con gli altri la loro fortuna, e soprattutto ben per lui che può farlo, anche se la sua possibilità di scelta – concediamocelo – un po’ di invidia la fa.

Alessandra Buschi