La frustrazione di incappare in contenuti clickbait ha ricadute commerciali

Clickbait o “esca da click”, ovvero quei contenuti che hanno come scopo di attirare i visitatori del web per generare rendite pubblicitarie.

Contenuti che, tramite titoli d’effetto, frasi e immagini accattivanti, fanno leva sull’aspetto emozionale di chi vi si imbatte navigando in rete e tendono a trascinare gli utenti verso link e notizie spesso non veritiere ma che hanno l’intento di incoraggiare ad accedere e condividerne il contenuto in modo da aumentare le visualizzazioni di un sito e, di conseguenza, ingenerare proventi.

Ragazza entusiasta

Un fenomeno che indica bene una certa tendenza di fare business ai nostri giorni, cercando introiti dappertutto, sfruttando con sotterfugi se non vere e proprie notizie false (molte le cosiddette “bufale” in cui tutti noi, prima o poi, siamo incappati in rete) la piazza che ormai è la più frequentata, ovvero quella del web.

Un modello di operazione pubblicitaria che consente, soprattutto nel breve termine, di far conseguire una maggiore visibilità e diffusione grazie a contenuti studiati per ottenere il maggior numero di click e rendersi virali, ma che tendenzialmente badano più alla forma che al contenuto, che sfruttano strategie non nuove nel campo pubblicitario anche cartaceo, quali quelle del sensazionalismo e dei titoli persuasivi ben congegnati, e che hanno trovato nella rete – e soprattutto nel largo uso dei social network dove purtroppo imperversa una condivisione a tappeto non sempre consapevole – un grande potenziale.

Un’operazione, quella del clickbait, a cui molti ancora ricorrono, ma che ha anche iniziato a mostrare le sue pecche e a far sì che si sospetti che investire sul numero di visite a determinate pagine non sia poi così produttivo. Questo perché, come spesso accade per certe strategie che inizialmente funzionano grazie al loro potenziale di ingenerare curiosità, a lungo andare non solo non risultato più stimolanti, ma possono addirittura creare effetti controproducenti nel pubblico e determinare anzi sentimenti avversi.

È questo il caso del meccanismo dei contenuti clickbait, che se è vero generano numeri grezzi migliori nel breve termine, sul lungo periodo indispongono gli utenti e possono addirittura rovinare l’immagine di un brand e far fallire l’intento di fidelizzare i lettori.

Contenuti “acchiappaclick”, talvolta veri e propri “contenuti spazzatura”, che alla fine si assomigliano un po’ tutti, a basso – o nullo – tasso informativo, che deludono perché non rispettano le loro premesse, non in linea con ciò che promettono, che fanno perdere di attrattiva e di credibilità le pagine che li ingenerano, che creano confusione e incrementano dubbi anche su siti più seri e professionali che puntano invece su contenuti di valore, creando disinformazione, pseudo-informazione, falsi allarmismi o speranze, dando notizie non veritiere o non attendibili, e che oltretutto non danno modo a chi li utilizza di indirizzarsi verso uno specifico target.

Il rischio, insomma, è quello che l’utente, anche se inizialmente attratto, una volta scoperto l’inganno, perda fiducia, si senta preso in giro, manipolato, massificato, e un utente che prova questi sentimenti è tutt’altro che portato a condividere e a cliccare di nuovo. Anzi, è un utente potenzialmente perso.

Alessandra Buschi