How many qatsi questi giovani d’oggi…

Il web marketer deve per forza frequentare i luoghi virtuali in cui stanno le persone. E’ praticamente obbligatorio. Altrimenti come fa a vendere qualcosa a qualcuno?

E’ un aspetto del mio lavoro che in generale mi è sempre piaciuto.

Ma c’è un problema. La gente ha iniziato a sparpagliarsi su un numero di piattaforme sempre crescente. Mentre scrivo, qualcuno per la prima volta contatta un consulente web su Vk.com o su IMVU. E quel consulente non sono io perché su queste piattaforme non ci sono. Non ci sono perché non ce la posso fare a iscrivermi pure sui social russi. Si è esaurita la memoria. La mia e pure quella dello smartphone. Io su Vk.com non mi ci iscrivo (se proprio ci tenete su VK ci trovate Ilaria).

Pensavo ieri: ma quanti sono gli strumenti con cui comunico con le persone?

In principio c’era il telefono. Grande Meucci, niente da dire. Orgoglio italiano.

Poi arrivò il cellulare.

Me lo ricordo bene quando iniziarono a girare i primi cellulari. Mio padre comprò uno dei primi modelli, un Motorola. Era gigantesco. Non entrava in tasca, lo portava in borsa.

I ragazzi li amarono subito, i genitori di più. E iniziarono infatti a comprare cellulari a rotta di collo per i figli. Capirai, la possibilità di controllare gli adolescenti h24. Un sogno.

I cellulari ci regalarono un nuovo strumento di comunicazione, gli sms. Il fomento. Stavamo sempre a scrivere. Erano i tempi della ‘neolingua’ fatta di cmq e tvb.

neolingua sms

E poi con i cellulari potevi fare “gli squilli” agli amici (alle amiche) senza spendere una lira. E visto che i soldi per le ricariche scarseggiavano, creammo un linguaggio tutto nostro fatto di soli squilli.
Uno squillo alle amiche voleva dire “ti penso”, due squilli “ti penso molto”, tre squilli “ci sto provando, vedi tu che si può fare…”.
Con gli amici uomini invece il significato cambiava. Uno squillo voleva dire “ho finito il credito, chiamami”, due squilli “sono arrivato, ti aspetto”, tre squilli “sto ancora qui, ti gonfio”.

Poi venne il web. L’invenzione del web risale al 1989, noi imparammo a conoscerlo in adolescenza. E iniziammo a comunicare con le mail.

Stiamo a quattro: telefono fisso, cellulare, sms, mail. C’era anche Messenger. Ma per fortuna ha chiuso. O comunque non lo usa più nessuno. E’ stato sostituito, però. Da Skype. E Skype che non te lo fai? La gente vuole fare le videochiamate. Lo dice pure Beppe Grillo che ti devi fare Skype per andare contro i gestori di telefonia. E’ una cosa importante. Fatte Skype.

Cinque.

E vennero i social. Che bello, la relazione paritaria, tutta la gente del mondo in un solo posto, che straordinaria occasione di comunicazione!
‘Un solo posto’ si fa per dire. I web marketer di social defunti ne hanno visti decine e decine…

Ma, diciamo, per fortuna i social chiudono. A me ne sono rimasti in vita tre che uso effettivamente per comunicare: Facebook, Twitter e LinkedIn.

E siamo a otto. Nove visto che Facebook ha due app.

Poi la sciagura. L’incontro tra il web e i cellulari.

selfie fotoritocco

“Che fai paghi ancora per mandare i messaggi? Ma che sei scemo? Fatti WhatsApp”. WhatsApp, dieci.
Che poi puoi fare i gruppi. Che poi ti infilano nei gruppi ad mentula e se te ne vai sei un infame. Da paura. WhatsApp, preso. Ce l’ho.

E poi Instagram. Il social del momento. Everybody loves Instagram. Te che fai? Nun ce stai?

Ma certo, Instagram. E siamo a undici.

L’altro giorno su Instagram la gente mi fa: “no ma qui non si possono fare i gruppi con tanta gente, spostiamoci”, “Ma certo, dove si va su WhatsApp?”, “No macché WhatsApp, quanto sei vecchio. Su Telegram!”.

Telegram. Dodici.

Ed è a questo punto che ho finalmente capito come funziona. Ho capito cosa sta succedendo. Ho capito perché mi squilla tutto, sempre.

Su Telegram chi ci sta? I vecchi? No di certo. I vecchi ti fanno le battute, “ah bene telegraf, finalmente siete tornati alle origini voi giovani”.

Su Telegram ci stanno i giovani. E’ tutta colpa dei giovani. I giovani d’oggi.

Io sto sempre dalla parte dei ventenni, almeno finché non hanno trent’anni. Però raga, how many qatsi
Potreste pure finirla di migrare da una piattaforma all’altra come se non ci fosse un domani. Datevi pace.

Perché i giovani stanno su Telegram e non su WhatsApp come pensavo io? Perché è meglio?

Loro ti dicono che sì, è meglio. Ma non è vero, non è meglio. E’ uguale. Ve lo giuro, senza che ve lo scaricate.

Il motivo per cui i giovani stanno su Telegram è che su Telegram la famiglia non ci è ancora arrivata. Su WhatsApp sì. Io ce l’ho il gruppo di famiglia su WhatsApp. E’ stato aperto a maggio 2017.
Suppongo che sia capitato ad altri. Sul finire 2016/inizio 2017 le famiglie dei trentenni sono arrivate su WhatsApp. E da lì è stato tutto un proliferare di zii che ti girano fake news e cuccioli che zompettano.

Cose che fanno tenerezza, per carità.

I giovani hanno fatto quello che faremmo noi se fossimo giovani. Hanno cercato un luogo di comunicazione “deparentizzato”. E l’hanno trovato in Telegram.

ragazza che corre
[Nella foto un esempio di reazione di una giovane ragazza all’arrivo della famiglia su WhatsApp.]

E’ lo stesso motivo per cui volevamo il cellulare noi. E’ vero che il cellulare dava la possibilità ai genitori di controllarci ovunque fossimo, ma ne valeva la pena perché ci permetteva anche di comunicare con la gente senza avere a che fare con gli adulti. Niente più “scusi signora che c’è l’amico mio?”. Finito. Zero genitori. Con gli sms neanche potevano ascoltare. Una bomba.

Ecco quindi. Secondo me gli strumenti di comunicazione si moltiplicano perché i giovani li cambiano appena arrivano i vecchi. Emigrano in massa su un altro strumento che a quel punto diventa di moda. Gli adulti ci si iscrivono perché ci sono i giovani e lo strumento diventa di massa. E i giovani a quel punto emigrano di nuovo.

La proliferazione dei mezzi di comunicazione è causata dal tentativo impossibile dei genitori di seguire dei figli che vogliono solo separarsi da loro.

E’ così, alla fine c’hanno sempre ragione i ventenni. Viva i ventenni.

Purtroppo non gli basterà scaricare una nuova app per seminare i genitori. Ma questo meglio che non glielo dico, sennò rischio che non mi parlino più.