La differenza tra caratteri serif e sans serif

Penso capiti a tutti, anche a chi non ha assolutamente esperienza nel settore, di accorgersi che tra i molti tipi di caratteri tipografici ce ne sono alcuni che, tra loro, hanno dei tratti in comune.
Una delle distinzioni che più saltano all’occhio in un testo stampato è infatti quella della presenza o meno di quegli allungamenti alle estremità delle lettere che le rendono più “aggraziate”.

Times New Roman

In effetti, i tratti più o meno complessi (che possono essere di varia forma) che definiscono la fine delle aste di una lettera costituiscono una delle classificazioni dei cosiddetti font.
Abbiamo così, per dirla alla francese, caratteri serif (o “graziati” o “con grazie”) e caratteri sans serif (o “senza grazie”, chiamati anche “bastoni” o semplicemente “sans”).

I serif derivano dalla forma di scrittura di epoca latina e sono a loro volta tradizionalmente raggruppati in quattro grandi categorie: gli Old Style, i Transizionali, i Bodoni e gli Egiziani.

Sono questi i caratteri tipografici più utilizzati per la stampa su carta e quindi per libri, quotidiani e riviste, in quanto smorzano lo spazio tra una lettera e l’altra come avviene nella scrittura a mano, rendendo più agevole la lettura di testi piuttosto lunghi.

I sans serif, invece, nati nel corso dell’Ottocento e solitamente raggruppati in quattro categorie (Grotesque, Neo-Grotesque, Umanist e Geometric), hanno le estremità delle lettere nette e diritte, senza appendici, e risultano semplici e lineari. Sono utilizzati soprattutto per progetti pubblicitari, libri per bambini, testi scritti in dimensioni ridotte e videoscrittura, dove risultano più leggibili e chiari avendo una risoluzione maggiore rispetto ai caratteri graziati.

arial

Tra i caratteri serif più conosciuti: il Bodoni, il Garamond, il Times New Roman, il Palatino e il Cambria.
Tra i sans serif: l’Helvetica, il Verdana, il Futura, l’Arial, l’Univers, il Gill Sans, il Frutiger, l’Avant Garde, l’Akzidenz Grotesk, il Lucida Sans, l’Optima, il Tahoma, il Calibri, l’Impact e il Century Gothic.

In generale, anche se la scelta di un carattere è spesso determinata da un gusto personale e dal proprio stile, dal punto di vista grafico il lettering (ovvero lo studio, la progettazione e la scelta dei caratteri tipografici più adatti per scrivere un testo) è un lavoro particolarmente complesso.

Così, ad esempio, i serif, per il loro tono più classico, sono generalmente più indicati per testi formali, più “seri”, mentre i sans serif si adattano bene a progetti più “moderni”, dinamici, contemporanei, tant’è vero vengono spesso scelti per accompagnare i logo dei prodotti commerciali e per diciture che vogliono essere più vicine ai nostri tempi.

La scelta di un carattere serif o sans serif è quindi spesso determinata dal tipo di comunicazione e dalla tipologia di interlocutori a cui vogliamo rivolgerci, ma soprattutto dalla migliore leggibilità del testo rispetto al mezzo che vogliamo utilizzare.

Da non dimenticare che, dal punto di vista grafico, si possono realizzare progetti utilizzando entrambe le tipologie di font. Ad esempio, un buon effetto può esser dato da un testo scritto in serif, di più agevole lettura, accompagnato da un titolo scritto utilizzando un sans, di maggiore impatto visivo, ovviamente facendo attenzione a non creare un eccessivo contrasto.

Vista la loro grande varietà, una netta e certa classificazione tra i font è piuttosto difficile. Ad ogni modo, tra le famiglie da ricordare oltre ai graziati e ai caratteri bastone, anche i caratteri che imitano la grafia manuale, e cioè i cosiddetti font Calligrafici o Script, nonché i Gotici, che richiamano l’alfabeto tedesco medioevale utilizzato dal padre della stampa a caratteri mobili, ovvero Johannes Gutenberg.

Alessandra Buschi