La mia vita da freelance dopo il lockdown

Se ripenso ai giorni del lockdown, le sensazioni sono tante e delle più varie.
Una di queste, la percezione del tempo, che tuttora mi porta a non realizzare ancora con precisione che dalla fine dell’inverno si sia passati alla primavera e poi all’estate e all’autunno…

Tutto sembra allo stesso tempo lontano e vicinissimo, quasi che il tempo, dalle prime avvisaglie di quello che poi sarebbe stato un periodo davvero diverso per tutti noi e di una portata davvero travolgente, sia trascorso in modo diverso “fuori” di me e “dentro” di me.

autunno-2020

Una percezione del tempo diversa, quindi, che a dire la verità dal momento in cui ci è stato detto che potevamo riprendere in buona parte a vivere la nostra solita vita, si è sì in parte modificata, ma che continua a farmi chiedere come si possa essere passati così velocemente da un periodo di isolamento totale all’oggi. Eppure, nel momento, il tempo sembrava dilatato al massimo.

Personalmente, se ripercorro con la mente quelle giornate, non trovo momenti da riempire o momenti di noia, neppure quando, per parecchio tempo, ho vissuto da sola il lockdown.

È vero che, riguardando indietro, trovo lo sbigottimento per le notizie che leggevo e le immagini che vedevo, quella sensazione di essere immersi in una catastrofe come quella immaginata da tanti sceneggiatori o autori di fantascienza, e anche paura del futuro, sotto tutti gli aspetti, paura di quello che sarebbe potuto accadere a me, ai miei cari, ai miei amici, alla mia comunità, al mondo intero. Sì, questo lo provavo e in modo molto intenso, ma anche adesso, ripensandoci, posso rievocare in me quella sensazione di lentezza e di calma che permeava ogni mia azione quotidiana e con la quale affrontavo tutto quanto momento dopo momento.

Sono stati giorni duri, di caos totale dappertutto, di reazioni nostre e altrui (nel bene e nel male) che non avremmo mai immaginato, eppure la sensazione di lentezza e di calma con la quale ci si muoveva per le stanze, ci si preparava per affrontare il fuori, magari semplicemente per andare a fare la spesa, come se fosse un’azione straordinaria, con cui mi approcciavo al lavoro di scrittura accendendo il computer e sedendomi davanti al monitor, rimane e non posso considerarla una sensazione negativa.
Lo stop obbligato mi ha catapultato in un ritmo diverso, più umano, oserei dire.

Con pause che molto spesso dimentico di fare mentre lavoro, con momenti dilatati, con la sicurezza che avrei avuto davanti ancora molto tempo utile per consegnare un lavoro, senza la fretta, i nervi tesi e i muscoli contratti che ho di solito, sempre pressata dalle tante cose da fare e con l’intento di farle nel meglio delle mie possibilità.

Ora sono tornata a ritmi più alti, ma non così frenetici come quelli prima del lockdown. Sono passati diversi mesi, eppure continuo a cercare quel momento di stacco, quel piacere di bermi un caffè senza continuare nel frattempo a digitare sulla tastiera, a concedermi pranzi e cene a orari più o meno regolari.

Già, perché uno dei rischi, per chi lavora da casa e per i freelance in generale, è di non riuscire a staccare, di continuare a darsi obiettivi a volte troppo gravosi entro lassi di tempo troppo brevi, senza sgarrare, come se qualcuno ci rincorresse sempre. Quando, spesso e volentieri, siamo noi stessi che crediamo di essere rincorsi.

Alessandra Buschi