AIDA, ACCA e PPPP… Ma esiste davvero una formula del copywriting?

Difficile dire con certezza quale, tra le tante che sono state proposte nel tempo, sia la formula “giusta” del copywriting. Anzi, ad essere sinceri, il dubbio nasce ancora prima: esiste davvero una formula per il copywriting?

Questo articolo, che fa parte della guida al copywriting di Web Crew, contiene alcune sintetiche riflessioni che possono essere utili a rispondere a questa domanda.

In effetti, se in generale la regina delle “formule” resta comunque il cosiddetto modello AIDA proposto nel XIX secolo dal pioniere pubblicitario americano Elias St. Elmo Lewis, che contempla quattro importanti fasi che accompagnano il fruitore a cui è rivolto il messaggio (e cioè attirare l’attenzione del pubblico, creare interesse e desiderio e infine incoraggiarlo ad agire, sia per acquistare o per richiedere un’informazione o insomma qualcosa che possa essere interpretato come un’azione da parte dell’utente, foss’anche l’interazione su un blog o su un social network), nel tempo abbiamo visto nascere altri modelli che, partendo dall’analisi di un processo simile a questo, prendono in considerazione altri elementi o propongono altri passaggi.

formula copywriting

Ed ecco infatti, sulla base della semplice formula indicata dal modello AIDA, molteplici modelli teorici, che comunque hanno come scopo una risposta a una proposta (in campo pubblicitario ovviamente per raggiungere una fase di azione, cioè di acquisto).
Soltanto per citarne qualcuno, il cosiddetto ACCA, che prende in considerazione la Consapevolezza (“awareness” in lingua inglese), la Comprensione, la Convinzione e l’Azione, oppure il modello AIDPPC (acronimo per Attenzione, Interesse, Descrizione, Persuasione, Prova, Chiusura), il modello IDCA (Interesse, Desiderio, Convinzione, Azione), l’AAPPA, che tiene in considerazione Attenzione, Vantaggio (“advantage”), Prova, Persuasione e Azione, oppure il PPPP (Proietta, Prometti, Prova e Piazza, formula che considera il perché dovresti esser letto, perché ti si dovrebbe credere, perché chi legge dovrebbe farsene qualcosa di quello che stai proponendo e perché dovrebbe agire).

Stiamo parlando di elementi di modelli teorici di gerarchia degli effetti o delle risposte, che evidenziando il succedersi degli effetti della pubblicità sul pubblico secondo un certo ordine, che hanno un peso notevole sull’efficacia di un testo pubblicitario e della sua risposta (testi che quindi non soltanto “si facciano leggere”, ma che portino ad un’azione concreta chi legge), ma che in fin dei conti possono essere applicati anche a testi informativi o che non abbiano necessariamente lo scopo di vendere un prodotto o un servizio, e che possono spingere chi legge a interessarsi a quell’argomento, a informarsi maggiormente, a considerare insomma “valevole” quel che è stato scritto.

Copywriting

Punti che certamente sono alla base di un buon testo, a cui chi scrive dovrebbe far riferimento rivolgendosi ad un interlocutore, ma che non rappresentano l’unica fonte di successo di un messaggio. Per la buona riuscita di un testo, infatti, andrebbero presi in considerazione anche altri elementi, quali l’ordine di presentazione degli argomenti, la struttura del messaggio stesso, la sua forma, la sua credibilità e quindi la professionalità di chi lo redige.

Ci si basi su queste indicazioni ed anche sulla scelta di frasi brevi, delle parole giuste o di tutte le altre stretegie che generalmente vengono consigliate per realizzare un buon lavoro di copywriting, la cosa più importante resta sempre una: come il messaggio viene scritto. Quindi, alla resa dei fatti, al di là di una qualsiasi formula, lo stile di chi lo scrive.

Alessandra Buschi