La storia di Amazon

Come definire oggi Amazon? Un colosso dell’e-commerce, la più grande internet company al mondo, senza dubbio; un negozio globale dove si può trovare ogni cosa; l’azienda che ha fatto diventare un giovane allora da poco laureato in ingegneria elettronica e informatica la persona oggi più ricca del mondo.

Sono passati ventisei anni da quando Jeff Bezos, allora trentenne, pensa di adibire il suo garage come sede della sua neonata azienda, alla quale dà prima il nome di Cadabra, poi, in modo definitivo, quello di uno dei più lunghi (o il più lungo, visto che la disputa per il primato è da sempre aperta con il Nilo) fiumi del mondo: l’Amazon appunto, o Rio delle Amazzoni.

logo amazon

L’attuale public company Amazon.com nasce quindi come libreria online in un garage di Seattle, nello stato di Washington, città dove ancora ha la sua sede principale, peraltro iniziando subito a mettere in crisi le librerie di tutto il mondo, soprattutto quelle indipendenti e storiche, molte delle quali negli anni successivi chiuderanno proprio a causa della sua politica dei prezzi.

Bezos non ci mette molto a capire che il suo commercio online funziona alla grande, e nel giro di pochissimo tempo da azienda specializzata in vendita in corrispondenza di libri passa a commerciare anche in dvd, cd, videogiochi, elettrodomestici, prodotti di elettronica…

Di lì, un successo mondiale (non senza un duro lavoro, questo c’è da dirlo, e una grande volontà del suo fondatore) e il catalogo di Amazon si arricchisce di categorie sempre nuove, fino ad arrivare a una gamma sterminata di articoli, tanto che oggi è difficile non trovarvi un qualsiasi prodotto commerciale che vada dall’abbigliamento ai mobili, dai giocattoli al cibo e molto, molto altro ancora.
Le “mosse” di Bezos (che nel 1999 viene nominato dal Times “persona dell’anno”) sono tutte vincenti, grazie a un mercato ancora vergine e alle grandi possibilità date dalla rete, che senza dubbio lui ha saputo prevedere e sfruttare al meglio.

Crea altre piattaforme nelle maggiori città del mondo, commercia con un numero sempre maggiore di Paesi, e nel 1997 Amazon.com è già sul mercato azionario.
Negli anni successivi, l’azienda vara servizi che risultano essere molto appetibili per gli acquirenti: innanzitutto l’innovazione per gli utenti di poter recensire i prodotti dopo averli acquistati (un fenomeno che ancora oggi influisce notevolmente sia sui profitti dell’azienda, sia sull’ampliamento del bacino di clientela) e la possibilità per i venditori indipendenti di associarsi ad Amazon (i cosiddetti “affiliati”) e ricevere commissioni in cambio del reindirizzamento della clientela alla piattaforma Amazon. Sicuramente mosse valide per quanto riguarda la visibilità di Amazon e per aumentarne le vendite.

Quindi Amazon Prime, nel 2005, servizio a pagamento che offre la consegna gratuita in un giorno su specifici prodotti presenti sulla piattaforma; Amazon Fresh, per la consegna a domicilio anche di prodotti alimentari; l’uscita del Kindle nel 2007; nel 2010 Amazon Studios, per la produzione di film, fumetti, telefilm e show televisivi; poi, ancora, nel 2014, Amazon Echo, il ben noto assistente virtuale; Amazon Instant Video, per film on demand in streaming; i suoi esperimenti di consegna con droni con Amazon Prime Air nel 2016; il primo supermercato completamente automatizzato nel 2018 a Seattle; la piattaforma di self-publishing per e-book KDP, quindi la sua trasformazione anche in vero e proprio editore di libri cartacei… (a questo proposito ricordiamo il libro Contro Amazon. Diciassette storie in difesa delle librerie, delle biblioteche e della lettura, di Jorge Carriòn, pubblicato in Italia dalle edizioni e/o)

Da dire che pochi sono stati i passi falsi di Amazon, tra i quali forse vale la pena ricordare il flop della sua proposta nel campo della telefonia mobile, il Fire Phone, messo fuori produzione sono dopo pochi mesi dalla sua uscita.

Un fatturato astronomico – più di duecentottanta miliardi di dollari nel 2019 – per quella che è stata la prima grande impresa nata dall’avvento di Internet, che controlla oggi diverse altre grandi aziende, tra cui Alexa Internet e Twich.tv, tanto per fare qualche nome, e che ha come slogan “Work Hard. Have Fun. Make History”.

Un numero davvero esorbitante di centri di smistamento e magazzini in tutto il mondo, di cui sempre di nuovi in costruzione, ma, nel corso degli anni, anche molte critiche che hanno portato anche a controversie legali ed etiche, alcune delle quali tuttora in corso.

Al centro di polemiche di vario tipo, che comprendono diverse questioni riguardanti le condizioni di lavoro inadeguate per i propri dipendenti (recenti anche le critiche ricevute da Amazon durante l’emergenza Covid), quella relativa alle poche – pochissime – tasse che Amazon paga (e che ha sollevato il problema ancora non definito della web tax), fino alle false recensioni che possono influenzare in modo ingannevole le decisioni di acquisto degli utenti, il colosso americano continua però imperterrito la sua strada che ha tutta l’aria di essere diretta verso una vera e propria forma di monopolio, forse sotto molti aspetti anche troppo spianata da questioni che sfuggono ai singoli acquirenti, ma che vedono senza dubbio tornaconti economici di realtà ben più influenti nell’economia mondiale.

Del resto – ormai è così – come biasimare le aziende – e soprattutto le più piccole, che faticano non poco a farsi largo sul mercato – per la loro decisione di affidare la vendita dei propri prodotti alla piattaforma più grande del mondo, che in pratica ha concentrato nelle sue mani tutto il mercato globale?

Alessandra Buschi