One more thing: vita di Steve Jobs

La vita di Steve Jobs è quella di una delle menti più visionarie e innovatrici della storia dell’informatica. Al suo nome è strettamente legato il marchio Apple, oltre a una serie di prodotti chiave che oggi sono talmente radicati nella nostra quotidianità che il nostro stile di vita sarebbe sicuramente diverso se non fosse stato per la sua figura, così geniale e prolifica.

Steve nasce in California e cresce nella famiglia dei suoi genitori adottivi. Vive a pieno la cultura hippy e insieme al suo amico Steve Wozniak, esperto di hardware, nel 1976 fonda la Apple computer nel garage dei suoi genitori. Il loro primo prodotto, l’Apple I, è essenzialmente una scheda madre sprovvista di case; è solo con il successivo computer, l’Apple II, che la società raggiunge una maturità e soprattutto ottiene l’interesse del mercato.

La vera svolta avviene però nel 1984 con il lancio di Macintosh. Si trattava di un computer avveniristico, che integrava monitor e unità centrale, il primo a presentare un’interfaccia grafica con menu e finestre, controllata da un nuovo misterioso dispositivo, il mouse. Memorabile lo spot di presentazione del Mac, realizzato da Ridley Scott e proiettato, solo una volta, durante la finale del Super Bowl, spot nel quale già era chiara la filosofia del “think different“, ovvero creare un rifugio dagli standard di mercato, che all’epoca era rappresentato dal gigante IBM.

steve jobs

I Mac, sin dal primo Macintosh, hanno sempre rappresentato un’alternativa ai computer usati dalla maggior parte degli utenti, e per questo spesso guardati con sufficienza poiché “poco espandibili” o costosi. Questa considerazione ha sicuramente delle basi concrete, per pura scelta del loro creatore, che non ha mai voluto creare dei prodotti economici, non ha mai puntato sul numero di pezzi venduti (come Dell o HP), ma piuttosto sul creare i migliori computer che un utente potesse desiderare.

L’esperienza utente era fondamentale per Steve, il piacere e l’efficienza con cui si utilizza un computer, non più come mero strumento di lavoro, ed è un mix di numerosi concetti chiave.
Già dall’apertura della confezione, l’unpacking (processo rituale per gli utenti Apple) si rimane colpiti dall’eleganza e dalla cura per dei particolari che altre aziende semplicemente non considerano.

apple steve jobs

Il design dei prodotti è unico: Steve non aveva una formazione tecnica come l’amico Wozniak, ma aveva frequentato un corso di calligrafia e aveva una profonda ammirazione per il design industriale, che premia linee sobrie, essenzialità e semplicità. I prodotti Apple, dai primi Macintosh ai primi iMac colorati in plastica trasparente, passando per i MacBook fino ad arrivare agli attuali iDevices, sono riconoscibili per la loro eleganza, la loro semplicità quasi estrema ma spesso legata al loro essere dei precursori (il primo iMac era sprovvisto di lettore floppy), e per l’utilizzo unico di materiali come plastica, vetro, alluminio, fino a giungere ai magneti, che hanno sostituito in modo elegante e invisibile i normali sistemi di chiusura meccanici degli schermi dei portatili.

Anche la stessa interfaccia grafica del sistema operativo ha un design semplice, funzionale, intuitivo e inarrivabile: Steve era talmente ossessionato dalla cosa che era in grado di esaminare ogni singolo pixel delle finestre, dei pulsanti e dei menù, facendo lavorare i suoi designer fino a raggiungere quella che per lui sarebbe stata la perfezione, anche se questo avrebbe richiesto numerose notti insonni ai suoi team di sviluppo.

Pochi anni dopo il lancio del Macintosh Steve fu allontanato dalla Apple, l’azienda che aveva creato. Negli anni successivi si diede da fare fondando la NeXT, società di informatica nella quale fu sviluppato l’OS che poi diede le basi allo sviluppo dell’attuale OS X (sistema operativo dei Mac), e acquistò la Pixar, società di animazione che in pochi anni lanciò blockbuster del calibro di Toy Story, A Bug’s Life e Alla Ricerca di Nemo.

Nel 1997 Jobs fu richiamato dalla Apple, all’epoca in pessime acque, vicina al fallimento e all’acquisizione da parte della Sun, e ne assunse il comando, prima ad interim e successivamente come CEO a tutti gli effetti.
Se nella sua prima fase in Apple Jobs era stato in grado di creare un’azienda di successo partendo da un garage, fu nel momento del suo ritorno che diede davvero prova della sua genialità e delle sua visione di insieme. In quegli anni fu temuto dai dipendenti, per il suo carattere a volte spigoloso e intransigente, alla ricerca del massimo, ossessionato dal bisogno impellente di far ripartire la società. Dovette prendere decisioni dolorose, tagliare numerosi prodotti poco rilevanti e dispendiosi (come l’amato Newton, il precursore dell’iPad, e il settore stampanti), e diede il via a un processo di semplificazione della linea, lasciando essenzialmente due portatili (iBook e Powerbook – base e professionale) e due computer desktop (iMac e Power Mac).

Molti dipendenti avevano timore a incontrarlo nei corridoi per paura di essere messi sotto torchio, e temevano anche di pronunciare il suo nome per intero. Tuttavia chi era davvero brillante ha sempre fatto carriera in Apple: Jobs al suo rientro si circondò degli uomini migliori che potesse trovare nei rispettivi settori. Al design volle Jonathan Ive, genio del moderno design industriale e firma di numerosissimi prodotti Apple, e alla produzione Tim Cook (attuale Ceo Apple), perchè nonostante il suo ego molto forte e il bisogno di analizzare di persona tutti gli aspetti legati all’azienda, Steve era consapevole dell’importanza di delegare ed avere le migliori risorse umane disponibili sul mercato.

Sempre al suo rientro Jobs riorganizzò le modalità di lavoro in azienda: per lui era fondamentale lavorare in piccoli team strettamente connessi, con riunioni a ritmi serrati e sviluppando continuamente nuovi prototipi: in Apple i designer furono coinvolti nei progetti hardware dei nuovi prodotti sin dal principio, e non solo in fase terminale come avviene nelle altre compagnie.

Nel 2001 Apple lanciò gli Apple Store, catena di negozi attualmente diffusi in tutto il mondo nei quali la semplicità e l’eleganza dei prodotti Apple è chiaramente visibile, dove la gente può provare con mano tutti i prodotti e chiedere aiuto al genius bar per risolvere le problematiche.
Il successo planetario di Apple e Steve Jobs arriva senza dubbio con gli iProducts e con il concetto di digital hub: il Mac diviene il cardine di una serie di prodotti e servizi che accompagnano l’utente in tutta la sua vita. Prima con l’iPod e iTunes, avveniristico lettore mp3 che si distinse dalla massa per l’interfaccia minimale e immediata e per la capienza (lo slogan al lancio era “mille canzoni in tasca“, contro i pochi minuti di autonomia della concorrenza all’epoca). Poi con l’iPhone, dispositivo che ha dato il via al successivo proliferare degli smartphone e che raggiunse un enorme successo con l’apertura di uno App Store nel quale gli sviluppatori possono vendere le loro app, che andavano ad arricchire all’infinito le funzioni del dispositivo.

Spesso si è criticato Jobs, accusandolo di aver attinto o addirittura copiato delle tecnologie già esistenti (come l’interfaccia grafica, da lui scoperta con ammirazione presso lo XEROX Parc di Palo Alto). Lui non ha mai smentito le accuse, piuttosto ha sempre rivendicato, con orgoglio, l’importanza di guardarsi intorno, lasciarsi ispirare dalle idee innovative ed avere l’abilità di combinarle fino a creare dei prodotti di successo.

La sua personalità, ai limiti del messianico, emergeva chiarissima durante i keynote, dei veri e propri eventi culto dove presentava i nuovi prodotti ai giornalisti presenti in sala e al mondo intero in diretta streaming. Jeans, scarpe da ginnastica bianche e dolcevita nero: nella sua “divisa” da keynote Steve Jobs iniziava l’evento con un excursus sugli ultimi prodotti della società, sui risultati fiscali, e spesso invitava ospiti importanti. Memorabile, fra le altre, l’ospitata in videoconferenza di Bill Gates, nel 1997, per cessare le ostilità del tempo con Microsoft, accusata di aver plagiato Mac OS con il suo Windows ’95. In quell’occasione Jobs riuscì a stringere un importantissimo accordo con Microsoft, che si impegnò a sviluppare la versione per Mac di Office per 5 anni. 
Ma il vero rituale dei keynote di Steve arrivava con le sue parole magiche “one more thing“: come se stesse annunciando un particolare di scarso interesse, quasi dimenticato, Jobs ogni volta stupiva i presenti presentando quella che in realtà sarebbe stata l’ennesima, nuova rivoluzione per i mesi a venire.

Anche nella sua vita reale, Steve ha deciso di uscire di scena nello stile del “one more thing”. Steve Jobs è morto il 5 ottobre 2011, dopo una lunga lotta contro il cancro, che ha causato nel tempo un suo graduale distacco dalla Apple, nella quale ha lasciato il posto di CEO a Tim Cook.

Tuttavia qualche anno prima, nel 2005, Jobs tenne un celebre discorso ai neolaureati di Stanford, nel quale li esortò a essere sempre curiosi, a vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, e a chiedersi se non fosse il caso di fare di tutto, anche cambiare la propria vita, pur di realizzare quelli che davvero erano i propri sogni. Li invitava a essere sempre folli e affamati, con l’espressione diventata poi iconica “stay hungry, stay foolish“.
Un motto, uno stile di vita, una dichiarazione di intenti di quella che è stata la vita straordinaria di un folle sognatore, sempre convinto delle sue idee, pronto a combattere e a prendere decisioni spesso contestate pur di realizzare quelli che erano i suoi sogni e le sue ambizioni, che avrebbero pian piano contribuito a cambiare il mondo.

Siate affamati. Siate folli.