Scrivere a voce. Come Stendhal non ha scritto La Certosa di Parma

Pare che Stendhal (pseudonimo di Marie-Henri Beyle) abbia steso il suo ultimo romanzo, La Certosa di Parma, in soli cinquantadue giorni ma non di suo pugno, bensì dettandolo parola per parola a un abile copista.

La “leggenda” ci tramanda infatti che il 4 novembre del 1838, dopo un periodo di sterilità creativa, Stendhal ordinasse alla sua servitù di non disturbarlo fino a nuovo ordine e di dire a chiunque lo avesse cercato che “il signore era a caccia”.

Ritratto di Stendhal

Lì, rinchiuso al numero 8 di rue Caumartin fino al 26 dicembre, in sola compagnia di un copista (tal M. Bonnavie forse, di cui si accenna in documenti del tempo), sembra che Stendhal abbia dettato dalla prima all’ultima parola (anzi: molte più di quelle del libro che poi, l’anno successivo, verrà pubblicato dall’editore Dupont, il quale gli chiederà di tagliare il finale di ben trecento pagine…), il testo completo de La Certosa di Parma, stilato in sei quaderni pieni zeppi.
Un romanzo ambientato nella sua amata Italia, dal taglio storico, in cui Stendhal mette però in scena anche moltissimi elementi del racconto d’avventura e del romanzo poi cosiddetto psicologico, miscelando sapientemente tutti quegli elementi che saranno di grande ispirazione per la letteratura moderna.

Dietro alla nascita di quest’opera, al tempo non molto considerata (Balzac ne fu allora fra i pochi sostenitori) sembra però vi siano altre curiosità, legate alla frequentazione di Stendhal con il nostro paese e al grande fascino che gli suscitava la nostra letteratura, piena di storie appassionate ed avventurose.

La movimentata vita di Stendhal, che si snoda in vari luoghi e tra grandi passioni politiche, ideologiche ed amorose, lo vede infatti presente in Italia in più riprese e per qualche tempo in stanza a Civitavecchia in qualità di console francese negli stati Pontifici.

È a Civitavecchia che Stendhal inizia a scrivere, lasciandole poi incompiute, diverse sue opere, ed è qui che si dedica alla lettura di vecchi manoscritti, per lo più anonimi, che raccontano le cronache della penisola dei secoli precedenti.

Copywriting

Tra questi, un testo (mediocre, ma evidentemente interessante) dal titolo – pare – L’origine della grandezza di casa Farnese, risalente al Cinquecento, che riportava le vicende di Alessandro Farnese prima della sua nomina come papa Paolo III.

Sembra che Sthendhal, interessato al manoscritto, lo avesse fatto copiare e, a margine, avesse riportato un appunto (in parte in inglese, lingua che spesso utilizzava per le sue annotazioni, e parte in italiano), per ricordarsi che quel testo poteva, in futuro, venirgli buono: “To make of this sketch un romanzetto”.

Insomma, la tradizione racconta che, per la sua Certosa, Stendhal abbia attinto proprio a questo manoscritto, cambiando nomi ai personaggi e inventando una nuova ambientazione nella città di Parma, da lui visitata durante uno dei suoi soggiorni in Italia (il suo romanzo è ambientato in un Principato, quando in realtà Parma, assieme a Piacenza, era un Ducato, così come non esiste a Parma una certosa come quella da lui descritta, molto più simile a Castel Sant’Angelo, dove il Farnese era stato effettivamente imprigionato e da cui era poi fuggito).

La storia, ricca di intrecci amorosi e politici, racconta le movimentate avventure che legano diversi personaggi e che in effetti, a ben vedere, in molti tratti riconducono alla vita di Alessandro Farnese e che, in altri, coincidono addirittura con elementi autobiografici di Stendhal stesso.

E così: il nobiluomo milanese Fabrizio del Dongo (come Stendhal, grande ammiratore di Napoleone, che combatterà in Belgio e a Waterloo e che, dopo molte avventure, reclusioni e delusioni, seppur nel frattempo intrapresa la vita monastica, svolazza di donna in donna e da duello in duello), sua zia Gina, contessa di Pietranera (poi duchessa di Sanseverina e infine contessa Mosca – molto somigliante alla zia del Farnese ed anche a personaggi femminili frequentati da Stendhal – legata a suo nipote da una segreta e morbosa passione, figura che Italo Calvino definirà – paradossalmente – come “il più grande personaggio femminile della… letteratura italiana” e che aiuterà Fabrizio, imprigionato e condannato a morte, a fuggire), il conte Mosca (di cui la zia Gina è amante, geloso di Fabrizio e che, infine, sposerà “la Saneverina”) e Clelia Conti, da sempre il vero grande amore di Fabrizio, figlia del governatore del carcere in cui egli verrà rinchiuso, della quale diventerà amante e con la quale avrà infine un figlio.

[Attenzione: in questo paragrafo si “spoilera” il finale!] Una fine tragica (ed anche frettolosa, visto il taglio delle ultime trecento pagine, condensate nelle ultime due…): il piccolo Sandrino muore e Clelia si lascerà morire, Fabrizio si rinchiuderà nella Certosa di Parma a meditare (lo stesso isolamento per giungere alla completa concentrazione di cui ha bisogno Stendhal per scrivere il suo ultimo romanzo, si potrebbe dire…), dove poi morirà, mentre “la Sanseverina”, dal gran dolore, seguirà la stessa sorte. Unico sopravvissuto di tutta la vicenda, il conte Mosca.

Insomma, anche se è molto probabile che Stendhal abbia veramente preso spunto da un testo preesistente per la sua Certosa (di qui forse la sorprendente velocità di stesura, sotto dettatura ad un copista), è innegabile che egli sia riuscito a farne un ottimo “adattamento” (del resto, anche in questo la sua opera potrebbe definirsi “moderna”, molto vicina a ciò che ci ha abituato la cinematografia ad esempio) e che con essa abbia saputo raccontare le passioni e anche le delusioni non solo dell’animo umano, ma anche quelle che si riallacciano alle vicende politiche di ogni tempo e sul ruolo che il potere ha su di esse.

Stendhal naturalmente non è stato l’unico ad utilizzare questo particolare metodo di scrittura. Ma il suo romanzo è un caso particolarmente rilevante e creativo di produzione di contenuti originali. Uno spunto, insomma, per tutti coloro che si occupano di copywriting in un periodo in cui audiolibri e podcast spopolano sul web.

Alessandra Buschi per Growth Marketing Crew