Alka, Fabio e i citofoni di via Margutta

Mi scrive un prospect che vuole una campagna Instagram. Ha fretta. Già ha sentito Fabio al telefono e mi scrive per ufficializzare la punta. “Domani va bene”, gli dico.

Il prospect sta a via Margutta. Via Margutta è una delle vie più belle di Roma, secondo me.

Ci vediamo con Fabio il giorno dopo a metro Piazza del Popolo. Piazza del Popolo è una delle piazze più belle di Roma. La più bella forse. Se la gioca con Piazza di Spagna, secondo me.

Piazza del Popolo a fine Ottocento.

Attraversiamo la piazza, guardo le Chiese gemelle. Ne hanno fatte due uguali per spiegare alla gente che c’è bisogno di avere due occhi ben aperti per capire quant’è bella questa piazza, penso.

Le chiese gemelle di Piazza del Popolo

E’ bello fare il freelance perché impari a conoscere la città e le persone in un modo unico. A via Margutta per esempio ci sono passato varie volte. Abbiamo pure un altro cliente a via Margutta, tra l’altro. Lo faccio notare a Fabio: “Hai visto che ti porto sempre più spesso in centro? Quando ti ho conosciuto stavi co’ un piede dentro e uno fòri da Rebibbia”.

Risponde che a Rebibbia me ce manna a me. Scherza, credo.

Va bene, quello che volevo scrivere su via Margutta è che seppure ci sono stato varie volte non ero mai entrato in un condominio. Lo conosco poco quel centro lì, conosco bene la parte di centro che una volta era la Suburra.

Entriamo nel condominio di via Margutta ed è davvero bello.

Arriviamo al citofono. Il prospect mi ha detto di citofonare KCF (non è vero, non KCF. Mi ha detto altre tre lettere). Mi aspettavo la sede di qualcosa. Una società, la KCF srl, per esempio.

Guardo il citofono, e niente. Lo volevo fotografare. Ma poi mi sono fatto gli scrupoli per la privacy.

Metà dei nomi sul citofono erano di famiglie nobiliari storiche. Tipo Della Rovere e Colonna (ma non Della Rovere e Colonna). L’altra metà erano sigle. Due, tre lettere. Sigle senza senso. DPR, VG, TP, ZPX. Cose così.

Guardo Fabio, Fabio mi guarda.

“’Ndo m’hai portato alka?”, chiede lui. E’ sempre colpa mia quando la situazione si fa surreale.

Io non so che dire. Voi sapete perché i citofoni li fanno così a via Margutta?

E’ che mi sa che sono fuori dal giro. Non capisco. Sarà una moda dei palazzi del centro. Di quel centro lì quantomeno. Nel centro mio no, abbiamo sempre avuto i cognomi sul citofono.

Vabbè il prospect comunque ci ha dato buca. La buca a secco, quella marcia proprio. A casa non c’era, al telefono neanche. Io gli ho pure scritto: “Tutto bene?”. No che uno si preoccupa pure. Niente. Infatti un po’ preoccupato lo sono ancora.

Tornando parliamo della storia del citofono, delle incombenze, della vita.

Decidiamo di fermarci a prendere un caffè da Canova. Lo conoscete sì Canova? E’ uno dei caffè storici della città. A parte che affaccia su Piazza del Popolo, è famoso perché era uno dei luoghi di ritrovo degli artisti di Via Margutta. Ci andava anche Fellini. E ci siamo andati pure noi.

Solo che il caffè costa 5 euro da Canova. O forse 7 euro, non ricordo.

Abbiamo fatto la scena tipica dei pezzenti. Quelli che leggono i prezzi, si alzano e se ne vanno. La cameriera già lo sapeva quando ci siamo seduti che ci saremmo alzati. Mi ha guardato mentre mi sedevo tipo a dire “Aò, ma che stai a ‘ffa?”.

Ma infatti la clientela era troppo up. Donne col cappello e gli occhiali scuri. Uomini depilati con la camicia bianca. Troppo. Magari ci ritorno tra qualche anno. Magari no…

Abbiamo fatto bene ad alzarci. Abbiamo svoltato l’angolo e la svolta mi ha fatto capire una cosa.

Dietro l’angolo c’erano varie cose (tra cui un bar coi caffè a 80 centesimi). Era pieno di stranieri. Pieno. Turisti ma soprattutto immigrati. Che secondo me sono quelli che vanno a lavorare nelle case del centro ma poi pranzano subito fuori da quel centro lì. Perché quel centro lì costa troppo per loro. E anche per me, mi sa.

Roma, ho pensato, è la città delle svolte. Fai cinquanta metri e cambia il contesto. Piazza del Popolo è così. E’ il ventre che accoglie e insieme produce il Tridente (via di Ripetta, via del Corso, via del Babuino). Accoglie e produce quella particolare architettura ma soprattutto quell’umanità tipica del Tridente. Scavalli Piazza del Popolo e c’è uno iato. Roma non è fatta di cambiamenti graduali. E’ fatta di svolte radicali.

Anche qui dove abito ora è così. Via delle Sette Chiese è una linea di confine che separa la Garbatella vecchia, quella bella, quella dei Cesaroni, da “Ostiense/San Paolo”. Via Cavour separa l’umanità di Monti da quella dell’Esquilino. La discesa del Quadraro, anche, separa.

E’ tutta così Roma. E’ un insieme di confini invisibili e valicabili. Sono confini umani, storici, di consuetudine, di appartenenza.

Il confine invisibile valicabile è bello perché crea, segna, genera e sancisce diversità che convivono.

Ma il freelance deve varcare i confini. Questo ho capito.

Oh. Se invece sei il prospect che ci ha dato buca scrivici pure che non ce la siamo mica presa. Dicci almeno che stai bene.