“David la mia mente se ne va. Lo sento”. Un problema reale legato alla diffusione del web

L’impatto di internet sta cambiando il nostro mondo. In questo ambito, sottolineare che si tratta del “nostro” mondo è quantomai essenziale, perché uno degli effetti di questo cambiamento è la difficoltà di riuscire a percepire le realtà esterne alla rete: quelle realtà umane, cioè, che non ne fanno completamente parte. Il cambiamento è inesorabile ed inarrestabile e naturalmente lascia ampio spazio all’annosa discussione fra “apocalittici ed integrati” rispetto a cui soppesare i lati negativi o positivi della nuova tecnologia.

È molto difficile definire le conseguenze ad ampio spettro di una tale rivoluzione tecnologica in poche parole, e del resto altri autori, in particolare Nicholas Carr, hanno saputo farlo con grande perizia. Sulla base delle considerazioni attuali si può comunque evidenziare l’insorgenza di elementi critici o fattori di rischio che sono connessi alla gigantesca espansione della rete.

hal 9000 david

Il più grande cambiamento prodotto da internet è la proliferazione di una quantità di informazioni abnorme. Ciò è certamente positivo, ma ha un prezzo: già Marshall McLuhan aveva sottolineato che i media non sono dei canali passivi di informazione. Il media, infatti, cambia la forma dei processi mentali che vi si interfacciano. Questo significa che, sul lungo periodo, internet ha cambiato il nostro modo di pensare.

L’effetto è subdolo ma evidente e si riflette soprattutto nella capacità di concentrazione: la rete, grazie all’uso di informazioni non sequenziali, fa letteralmente a pezzi la nostra capacità di mantenerci attenti su un unico argomento. Ora la nostra mente si aspetta di ricevere informazioni nel modo in cui la rete le distribuisce. Ciò produce una percezione superficiale dei contenuti, che poco ha in comune con l’analisi profonda di un testo.

Chiunque del resto se ne rende ben conto nel momento in cui prova a mantenersi concentrati di fronte ad una scrivania con un computer, uno smartphone ed un Amazon Echo. Io stesso, da quando ho cominciato la scrittura di questo testo, ho già inavvertitamente interrotto due volte il processo di stesura.

La grande differenza viene giocata proprio dal modo con cui le informazioni sono presentate. Se prima di internet era logico affrontare un testo dall’inizio alla fine, ora la lettura è saltuaria, intermittente e costantemente dominata dalla ricerca di collegamenti ipertestuali o di contenuti audiovisivi. Su uno schermo, infatti, è più allettante guardare un video in HD che leggere dieci pagine di testo.

L’effetto è qualcosa di simile a quello che provava HAL 9000 nel famoso film di Kubrick, 2001 odissea nello spazio, nel momento in cui veniva disattivato estraendo uno per uno i banchi della sua memoria: “David, la mia mente se ne va. Lo sento”.

Proprio allo stesso modo in cui David estrae i banchi di memoria, noi ci stiamo abituando a depositare le informazioni sensibili al di fuori della nostra mente, su dispositivi esterni. Internet in questo modo è sempre più un backup del nostro cervello, a cui demandiamo funzioni sempre più complesse, in modo da ridurre il nostro carico personale.