“Dammi una lametta che mi taglio le vene”…e come cambiare idea

Tutto comincia con una telefonata: “Hey, mi hanno parlato di te. So che sei molto brava nel tuo lavoro. Che scrivi dei testi fantastici, che fanno vendere tantissimo. Possiamo vederci che così ti parlo del mio super – mega – incredibilmente interessante progetto?”

Chiudi il telefono. Ti rendi conto di non essere riuscita quasi a parlare, a finire una frase, perché il tuo interlocutore ti ha sommerso di parole. Ma sei felice. Eccolo, un nuovo lavoro in cui mettersi alla prova. Un nuovo preventivo da preparare, che magari ti darà la tranquillità per qualche mese. Anche se. Anche se, come sempre, un piccolo campanello di allarme lo senti ronzare nel cervello. Quel “scrivi testi fantastici che fanno vendere tantissimo” continua a rimbombare sordo nella testa, quasi fosse il tuo istinto che cerca di comunicarti qualcosa.

rettore kamikaze

Di solito, la storia prosegue con un incontro, in cui hai ancora l’entusiasmo a mille e una buona predisposizione d’animo, e con la stesura del tanto desiderato preventivo. Che non è cosa semplice per un freelance, vorrei fosse chiaro. A me, ad esempio, vengono subito i capogiri quando devo stilarne uno. Molti mi chiedono il perché. La risposta è che di solito un freelance non vende chili di patate, ma una quantità variabile e impalpabile di progetti, che vanno costruiti e cuciti addosso al cliente di turno.

Chiusa la parentesi su quell’evento catastrofico che è la stesura di un preventivo, andiamo avanti con il nostro piccolo racconto del terrore. Ovvero, il momento in cui quel preventivo riusciamo ad inviarlo e da lì ti si apre un mondo. Perché il primo scambio di opinioni, la prima battuta, è quello in cui il fantomatico cliente ti dice: “Eh!!! Così tanto?! Cosa ci vuole a scrivere due cose?! Lo farei fare alla mia segretaria, ma, sai, nella mia azienda siamo sempre tutti troppo impegnati e non ci rimane il tempo per fare queste cose”.

Nella tua faccia, allora, passano nell’ordine espressioni di commiserazione (nei tuoi confronti), di stupore, di rabbia e, infine, di accettazione. In fondo prendere al volo! Tutto conviene! Sì, è una frase rubata alla famosa canzone della Rettore. Ed un motivo c’è. Ed è quello che, prima o poi, a tutti i freelance capita quella situazione in cui vorresti urlare al mondo “dammi una lametta che mi taglio le vene”. In realtà credo, questa è una scena classica, quella madre, che accompagna tutti i freelance nella loro luminosa e strepitosa carriera professionale. Non è un momento che poi passa, una di quelle cose che succedono una volta ogni tanto. E’ la nostra quotidianità. La nostra sfida giornaliera ed è un bene che lo recitiamo come un mantra, affinché non accada davvero. Che ce le tagliamo le vene, intendo.

Questo è il nostro universo parallelo. Quello fatto di clienti che non pagano o che pagano quando si ricordano. Quello dove dai una mano ai clienti e loro si prendono un braccio. Quello della “consegna ci serviva ieri”. Quello in cui i clienti ti prendono non come un consulente esterno, ma come un dipendente a tutti gli effetti, a cui non pagano le ferie e le malattie. Quello in cui i clienti credono di saperne sempre più di te e di qualunque altro. Quello in cui a volte ti ritrovi quasi a fare i caffè o fare l’hostess ad un evento, perché “tu curi la comunicazione”. Ecco, quel mondo in cui ti viene voglia di stracciartele quelle vene, altro che tagliarle. O magari di tagliarle al cliente. Direttamente. Senza passare per il via.

Ci vuole una gran pazienza, ma, soprattutto, una dose di esperienza, costruita giorno per giorno, per non dare di matto. Per non rovinarti la vita. Perché di lavoro si tratta. E anche se il lavoro fa parte integrante di quello che sei, anche se a volte ti definisce e spesso ha punti di contatto con il tuo privato, rimane pur sempre una parte, importante certo, della tua persona e non può rappresentare il tutto.

Detto questo ci sono alcuni punti che vorrei condividere con te della mia vita da freelance, in modo che possa aiutarti a superare quell’impasse da lametta.

Hai preso la decisione di diventare freelance con consapevolezza?
Prima di lasciare il tuo lavoro, prima di aprire una partita IVA, pensa se sei veramente fatto per una vita al limite dello stress. E’ vero, noi godiamo di tanta libertà, ma spesso questa libertà è un’arma a doppio taglio. Se pensi di non riuscire a gestire un’esistenza senza uno stipendio sicuro, senza qualcuno che ti dice ogni giorno cosa fare, senza regole insomma, beh, allora lascia perdere.

Come scegliere il cliente giusto? Quello che non ti fa venire voglia di tagliarti le vene?
L’esperienza insegna, anche nella scelta dei clienti. E’ vero che all’inizio ti ritroverai ad accettare ogni lavoro, ma con il tempo sarai in grado di dire no. No a progetti che magari non pagano abbastanza. No a clienti troppo esigenti, che non hanno né limiti né freni. No anche a commesse che magari non rientrano nelle tue competenze, ma che, pur di portare qualcosa a casa, affronti, con conseguente disastro futuro (sia per la tua attività che per quella del tuo cliente).

Come fare a destreggiarsi in un mare di pescecani (i competitors)?
Parti da un presupposto: nessuno è nato, come si suol dire, imparato. Non stare a guardare le carriere super luminose dei tuoi colleghi. I fuoriclasse esistono, ma non ne nascono poi così tanti al mondo. Di Maradona ce n’è uno, ricordalo sempre. Di solito, quando vieni a conoscenza di storie di successo, dietro c’è sempre un meraviglioso mix di fortuna, fatica e competenze. E queste le puoi costruire anche da solo. Con tanta determinazione e sudore, certo, ma ce la puoi fare. Tienilo a mente nelle giornate no.

Ancora dell’idea di voler prendere in mano la tua vita e di diventare un freelance? Ti svelo un segreto: potrebbe essere la svolta della tua felicità.

Giulia Salis