Cos’è la bolla di filtraggio

Una bolla di filtraggio: è questo il risultato a cui ci si riferisce con l’espressione “filter bubble”, una “bolla” che isola gli utenti dalla possibilità di conoscere altro e avere informazioni che si discostino da ciò che si ritiene siano i loro interessi.

In pratica: chi di noi non si è visto riproporre, nei giorni seguenti a una qualsiasi azione online, ricerche correlate, consigli, pubblicità di prodotti o servizi simili comunque collegati alla propria interazione con il web? A tutti prima o poi capita di ritrovare “suggerimenti” di questo tipo, che si riagganciano a qualcosa che abbiamo cliccato in precedenza.

Si tratta della ricerca filtrata utilizzata da piattaforme come Google e Facebook, che sfruttano i comportamenti dei singoli utenti per cercare di “scoprire” quali siano i loro interessi e indirizzarli verso ciò che ritengono a loro più affine.

L’intento è quindi quello di invogliare i fruitori della rete a proseguire una determinata ricerca che si ritiene possa interessar loro, dando seguito a quei click che – per qualsivoglia motivo – hanno già fatto, in modo da dirigerli verso determinati contenuti e “trattenerli” sulla propria piattaforma il più a lungo possibile.

Gli effetti che questo impiego di registrazione della storia dell’utente, tra informazioni personali, indirizzi delle proprie ricerche, cronologia degli acquisti, ecc. impiegato da piattaforme come Google, Facebook, YouTube, Netflix, sembrano essere diversi, e non molto positivi, anzi.

Il rischio è quello di vedere “impantanare” le ricerche degli utenti a ciò che essi conoscono già. Le aziende, quindi, e i consulenti di marketing che operano per esse, si trovano obbligate a inserirsi in un contesto che viene già deciso a monte dal funzionamento degli algoritmi di queste piattaforme e dovranno fare in modo di introdursi nella “bolla” di ogni utente, basata su ciò che si ritiene un determinato utente ha più probabilità di cliccare.

C’è inoltre da chiedersi – come ha fatto Eli Parisier nel suo libro The Filter Bubble: What the Internet is Hiding from You, coniando appunto l’espressione “filter bubble”, a cui ovviamente sono seguite opinioni contrastanti – quale sia il “difetto civico” che una ricerca filtrata di questo tipo crei sia a livello individuale sia sociale.

La “bolla dei filtri” in cui noi utenti della rete restiamo intrappolati sembra infatti favorire uno stallo, relegandoci in quella comfort zone che fa sì che il nostro campo mentale non si allarghi, limitando la nostra curiosità, le nostre idee e la portata delle informazioni a cui potremmo accedere.

Alessandra Buschi