Baidu, Taobao e Qq. Il web made in China

Ogni giorno il nostro smartphone ci invia le ultime notifiche tramite Google Now. Durante la giornata, in continuazione, controlliamo gli aggiornamenti di Facebook, riceviamo messaggi su WhatsApp e spesso facciamo acquisti su eBay o Amazon. La pervasività di questi servizi nelle nostre vite quotidiane in qualche modo ci spinge a ritenere che chiunque, nel mondo, si relazioni ad internet ed ai suoi servizi nel nostro stesso modo.

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Niente potrebbe essere invece più lontano dal vero: ed è proprio una caratteristica dell’uso moderno di internet quella di “isolare” gli utenti in vere e proprie bolle informative, dato che spesso e volentieri i contenuti vengono adattati ai gusti dell’utente e le automazioni si basano su quello che l’utente fa abitualmente.

Google, ad esempio, che per qualsiasi europeo o americano rapresenta quasi un simbolo di internet, è di scarsissima rilevanza per chi vive in Cina o comunque parla il mandarino: il motore di ricerca di riferimento per queste persone è infatti Baidu, e la cosa ha un certo peso visto che al mondo il cinese è parlato da almeno 1,4 miliardi di persone.

Se invece pensate che Amazon sia una potenza globale, vi sbagliate: Taobao, che già nel marzo 2013 offriva 760 milioni di oggetti in vendita, è una notevole controparte.
Facebook e WhatsApp sono invece ottimamente sostituiti da Qq, che nel 2015 vantava 829 milioni di utenti attivi. Cifre da capogiro che, aldilà delle osservazioni sulle varie differenze, dovrebbero interessare anche gli occidentali, o perlomeno da coloro che si occupano di SEO.

Baidu, che letteralmente significa più o meno centinaia di volte, è stato fondato da Robin Li nel 2000, grazie ad un finanziamento ottentuo da due ventures capital californiane. È stato quotato in borsa nel 2005, ed ha aperto i propri spazi agli investitori nel 2004, prima di Google. Attualmente vanta più di 500 milioni di utenti attivi, è il primo sito per visite in Cina e si trova al quinto posto nel ranking globale. Come Google, è ormai molto più di un motore di ricerca: offre circa sessanta servizi che comprendono un enciclopedia, un social network, una piattaforma di giochi e una di ecommerce, oltre ad un sistema operativo per smartphone. Inoltre, il suo cluster di computer è il più potente al mondo, superando – secondo le stime di Bloomberg – di almeno 100 volte la potenza di calcolo del colosso della Silicon Valley.

Il grande successo di Taobao ha invece oscurato i tentativi di espansione di eBay e Amazon sul mercato cinese, che avevano puntato rispettivamente all’acquisto di Joyo.com e Eachnet.com e che vennero presto ostacolati dall’espansiosne di Alibaba. Secondo gli esperti, la grande forza di Taobao è stata nel saper comprendere e adattarsi alla maniera con cui gli utenti cinesi preferiscono concludere acquisti, ad esempio lasciando la possibilità di trattare e negoziare sul prezzo con i venditori.
Attualmente, se qualcuno vuole vendere un oggetto in Cina, lo fa tramite Taobao: il sito è praticamente divenuto uno standard delle vendite online. E questo principio non vale solo – come si potrebbe pensare – per le zone urbane o altamente industrializzate, visto che quasi tre milioni di utenti sono registrati in zone rurali con un percentuale di crescita intorno al 25%.

La messaggistica online cinese è invece dominata da Tencent Qq, un software sviluppato nel 1998 che offre anche giochi, scambio di file musicali, piattaforme di blogging e film, oltre naturalmente a una grande varietà di chat. Nel 2014, il sito ha definito un record tutt’ora imbattuto per il massimo numero di utenti connessi simultaneamente, più di 210 milioni.

È chiaro che chiunque si occupi di SEO non può ignorare l’impatto che questi siti stanno producendo sugli utenti cinesi e, di riflesso, sulle aziende occidentali che essendo a caccia di nuovi segmenti di mercato sono sempre più interessate ad espandersi in questo settore.