Viva le virgole e punto

Adoro le virgole. Mi stanno simpatiche. Sarà la forma. Non so.
Sarà che assomigliano agli apostrofi. Mi piacciono tanto gli apostrofi. Non so.
Adesso infatti metto una virgola, qui.

Mi piacciono sempre. Anche quando sono inserite casualmente all’interno di un periodo. Mi domando: “Virgola, che ci fai tu qui?”. E già un po’ mi ci affeziono. Che travaglio doverti correggere, cara virgola. Io le lascerei tutte.

Massì virgole! Separate impunemente soggetti e predicati. Predicati e complementi. Ribellatevi alle regole della grammatica. Siate ribelli. Avete, licenza poetica.

Mi affascina che quel geniaccio di Saramago scelse la virgola per far esplodere le regole della sintassi. Piccole piccole queste virgole. Indifese. Però hai visto che ti vanno a combinare? Ti fanno saltare la narrativa occidentale.

Sono senza suono. Ti sorridono ma non ti fermano. Ti lasciano sempre andare, perché amano la libertà. Ma un attimo ti trattengono, perché non hanno mai frette particolari.

Legano questo e quello, un pensiero e quello dopo. Non hanno a che fare con la fine, andrebbero sempre avanti, fosse per loro. Le puoi fermare, ma devi mettere punto. Le virgole sono coraggiose perché puntano all’infinito…

Le virgole mi sono sempre sembrate vicine. Piccole curve che hanno molto a che fare con il corpo e poco a che fare con gli spiriti.
Non si dà comunicazione umana senza le virgole. Le nostre parole sono sempre intervallate da piccole pause, le leggere curve che la comunicazione verbale deve fare per forza. Sono gli sguardi, i sospiri, le pause dei gesti. Quelle cose che ti fanno innamorare delle donne con le curve.

E’ stato amore a prima vista.