Le tante forme dello scrivere. Intervista ad Alessandra Buschi

Abbiamo più volte raccontato su questo blog quanto il content marketing sia divenuto fondamentale nella pianificazione di campagne di marketing online.

Come è noto, la promozione per immagini l’ha fatta da padrona in ambito pubblicitario negli ultimi decenni del Novecento. L’affermarsi del web come media di massa sta invece riportando il testo scritto – ed il copywriting – al centro della comunicazione aziendale. Testo scritto tra l’altro non più nel senso del ‘semplice’ (si fa per dire…) payoff o dello slogan pubblicitario ma inteso come ‘testo articolato’, tessuto di parole, che assume varie forme nei diversi contesti in cui viene pubblicato.

Proprio per questo Web Crew ha iniziato da qualche tempo a collaborare con Alessandra Buschi, scrittrice e poetessa di origine toscana (Grosseto).
Pensiamo infatti che sia fondamentale che le più evolute campagne di marketing online coinvolgano ‘professionisti della penna’ in grado di approcciare al testo scritto in modo estremamente ‘aperto’ e, quando possibile, creativo.

alessandra buschi

L’esordio letterario di Alessandra è del 1986 quando Pier Vittorio Tondelli inserisce un suo racconto nella raccolta Giovani blues. Under 25.
Le opere edite di Alessandra sono numerose, sia in antologia (trovate un suo racconto, ad esempio, in Streghe a fuoco, curata da Joyce Lussu), che in volumi personali di narrativa (Dire fare baciare, 1990, Se fossi vera, 1999, Il libro che mi è rimasto in mente, 2000, Cruciverba, 2004, Oscar&Oscar, 2013) e di poesia (Materie d’esame, 2009).

Alessandra però si è confrontata in molti altri ambiti con il mestiere di scrivere in senso lato. E’ stata infatti editor, correttrice di bozze, tiene laboratori di scrittura creativa, ha anche gestito una sua libreria…

Abbiamo sfruttato l’occasione per proporle un’intervista, un modo per approfondire i possibili cortocircuiti positivi tra testo artistico e commerciale. Comunicazione – talvolta nel nostro settore si tende a dimenticarlo – non è sinonimo di pubblicità, è una parola importante che riguarda la storia dell’umanità sin dai suoi albori.

Ciao Alessandra e grazie per aver accettato l’intervista.
Hai scritto numerosi libri di poesia ma ti sei dedicata anche alla narrativa e a racconti per ragazzi. Essendoti cimentata in generi molto diversi tra loro, vorrei chiederti: c’è n’è uno che senti più tuo e con il quale pensi di esprimerti meglio?

Intanto grazie a te per l’intervista, mi fa molto piacere rispondere alle tue domande.
Devo dire che la mia prima passione è stata la poesia, e questo risale a quando avevo cinque-sei anni, a quando mia madre leggeva a me e mio fratello poesie di Ungaretti, Quasimodo, Pascoli. Ci metteva seduti su un baule – sai, uno di quelli dove una volta le spose conservavano la biancheria del corredo – e leggeva. Mi affascinava il modo in cui in poche frasi si poteva creare un mondo di visioni, sensazioni, sentimenti. La mia prima poesia risale appunto a quando ho imparato a scrivere, a cinque o sei anni quindi. Ho continuato sempre a scrivere poesia, nel tempo unendo altre forme espressive, che sento anch’esse poetiche: video, musica, disegno.

Beh, il racconto è la dimensione narrativa che preferisco, in effetti. Anche se in realtà l’Italia ha una lunga tradizione per quanto riguarda il racconto, questo è stato soppiantato dal romanzo – anzi dalla saga – che in realtà abbiamo acquisito da altre culture. Oggi gli editori italiani tendono a rifiutare raccolte di racconti, ma questa continua ad essere la dimensione che fa per me. Mi sento a mio agio in una situazione concentrata, dove ogni cosa deve trovare il suo posto in poco spazio (sarà a causa della mia passione per le poche parole della poesia? forse).

La letteratura per ragazzi: narrativa e anche filastrocche. Ho approfondito molto negli anni il lavoro con i bambini e i ragazzi, sia per quanto riguarda la scrittura sia per quanto riguarda l’ambito educativo. E sì, mi trovo molto molto bene a cercare di mettermi nei panni di ciò che potrebbe affascinare un bambino. Cerco di non dimenticare come ero io da piccola, cosa mi sarebbe piaciuto leggere.

Insomma, avrai capito che mi è difficile dire qual è il genere che preferisco… Comunque, ho sempre un file sul desktop del mio computer che accoglie i versi che mi vengono in mente man mano.
E poi: dipende anche dai momenti della vita, cosa senti più tuo in un certo periodo, quale genere espressivo rispetto ad un altro ti rappresenta meglio e con quale senti di poter comunicare meglio una determinata cosa.

Ti ricordi un momento preciso nel quale hai deciso di voler diventare scrittrice o ti sei accorta solo a posteriori, dopo aver pubblicato i primi scritti, di esserlo diventata?

In realtà non so rispondere. Dipende da cosa significa essere scrittori. Se significa vivere con ciò che si pubblica, allora non sono ancora una scrittrice! Se significa sentire che questa è la passione della propria vita, allora l’ho sentita quando ho scritto la prima favola, in prima elementare, quando la maestra scrisse: “Brava! Se è opera tua…”. Mi offesi a morte! Me lo porto ancora dietro quel sentimento. Ero io la scrittrice di quella favola, certo che era opera mia! Credo di essermi sentita scrittrice in quel momento.

Hai lavorato per molte case editrici nei ruoli di curatrice, traduttrice, editor… Questo lavoro ti ha insegnato qualcosa come scrittrice? Leggere altri autori modificandone i testi ha portato un cambiamento anche nella tua scrittura?

Ogni volta che lavoro con un autore cerco di rispettare il suo stile, secondo me questo è molto importante, anche se ci sono esempi di editor che stravolgono non solo le storie ma anche lo stile per motivi prettamente commerciali. Questa l’ho sempre trovata una pratica distruttiva perché il rischio è di omologare tutto al genere che in quel momento “va di più”, quando invece ci sono veramente tanti modi per narrare, tanti stili, tanto di personale in ogni autore, ed è anzi molto interessante scoprirlo curando l’editing prima di una pubblicazione, lavorando come lettore per le case editrici o intervenendo sui testi assieme ai traduttori. È sempre molto interessante secondo me confrontarsi con il lavoro degli altri. In ogni campo. Si impara molto leggendo, anche dai testi che sono in visione per gli editori e che forse non verranno mai pubblicati. Non saprei dirti se la mia scrittura ha “preso” anche da questo. Sicuramente la mia scrittura è ciò che sono io, per cui sicuramente sarà fatta anche di queste mie esperienze, che sono state davvero interessanti e di grande soddisfazione, oltre che di grande responsabilità.

buschi - teatro
Alessandra Buschi durante un laboratorio teatrale diretto da Enrico Marconi. Foto di Martina Tarsi.

Sei specializzata in problematiche socio-educative, ritieni che il linguaggio sia espressione di queste problematiche? Cosa pensi si possa fare tramite la lettura e la scrittura per migliorare alcune situazione critiche?

Questa domanda mi piace particolarmente, ti ringrazio per avermela fatta, credo che nessuno me l’avesse mai fatta prima d’ora. Il lavoro educativo è una parte della mia vita molto importante, a cui dedico costantemente studio ed energia. E che devo dire mi dà una grandissima soddisfazione e mi piace molto. Lettura e scrittura non mancano mai in qualsiasi percorso per aiutare bambini e ragazzi che hanno problematiche più o meno specifiche di apprendimento. Puoi partire da lettura e scrittura anche per aiutare a sviluppare processi logici o matematici, non solo prettamente linguistici. Ogni situazione è diversa e quindi cerco di individuare modalità diverse a seconda del singolo caso e dello stile di apprendimento di ogni bambino, a volte utilizzando testi di altri, a volte miei. Oltre alla scrittura, anche la lettura diventa in certi casi un mezzo comunicativo, se la si usa come strumento per dare spunti ed aprire a certe riflessioni che possono essere utili per avere più consapevolezza di sé, indagare e cercare strategie utili in certe situazioni critiche. Sono mezzi davvero potenti, un lavoro educativo non può farne a meno, io credo.

Sei presidente della cooperativa Urluberlù. Di cosa si tratta? Ci vuoi raccontare com’è nata e di cosa si occupa?

Urluberlù è una piccola società cooperativa nata nel 2000. La volontà mia e delle mie socie è stata quella di occuparci della diffusione della lettura e della scrittura in tutti i suoi aspetti, quindi dalla vendita di libri (per molti anni abbiamo gestito proprio una libreria) a incontri e laboratori sia per ragazzi che per adulti. Abbiamo realizzato molti progetti nelle scuole, per associazioni, per comuni… E anche lavori di redazione editoriale, consulenza, correzione di bozze, realizzazione di testi. Dopo molti anni abbiamo dovuto chiudere il locale libreria come molti altri librai purtroppo hanno dovuto fare in tutta Italia e quindi il lavoro adesso è più incentrato sugli incontri di lettura e scrittura creativa e sul servizio editoriale, ma non manchiamo di dare consulenza per scuole per quanto riguarda ad esempio l’editoria per ragazzi oppure di partecipare a fiere o altri eventi e realizzare progetti (ad esempio centri di animazione per bambini) dove la lettura e la scrittura sono momenti importanti di incontro per sviluppare la creatività e la fantasia.

La scrittura è il medium fondamentale per la comunicazione sul web. Come copywriter hai avuto modo di confrontarti con questo strumento e con le modalità di comunicazione attualmente diffuse online. Mi domando, da poetessa quale sei, come si concilia la tua vena artistica con un stile che, almeno apparentemente, è più freddo ma deve coinvolgere comunque chi legge?

Sì, non c’è dubbio: la scrittura sul web è completamente diversa. Qui diventa uno strumento più freddo, più tecnico se vuoi. E anche meno libero. È anche vero che, se hai padronanza di uno strumento, puoi utilizzarlo in vario modo adattandolo tecnicamente a diversi ambiti. Così, certo, è difficile ad esempio dar sfogo alla fantasia scrivendo articoli, ma si può scrivere articoli in un italiano corretto, ad esempio. E già questo non è poco, direi. Non credo di dire qualcosa di inedito, forse c’è chi se ne è già accorto, comunque la mia osservazione è che (per fortuna) la tendenza nel web è di creare adesso testi più curati (sia dal punto di vista grammaticale e sintattico, sia dal punto di vista dei contenuti) rispetto a qualche anno fa. Questo è positivo, visto che la maggior parte della scrittura passa ora sul web anziché su cartaceo. Il coinvolgimento del lettore sul web è completamente diverso: l’utente cerca per lo più (velocemente) informazioni, quindi esiste tutto un preciso “codice” di comunicazione scritta che ha l’obiettivo non di affascinare o intrigare, ma di soddisfare. Il fine è diverso. La scrittura deve essere per forza diversa.

Inoltre a me è sempre piaciuto ricercare, andare a scoprire particolari, informazioni, e quindi lavorare per il web mi stimola, sotto questo punto di vista.

Guarda, hai proprio ragione: di poetico a scrivere per il web c’è ben poco. Ma può capitare – come ad esempio è successo a me proprio pochi giorni fa – di scrivere una frase… troppo poetica per un articolo che stavo redigendo e non ho resistito: Taglia dall’articolo e Incolla sul file che spero presto diventerà la mia nuova raccolta di poesie. Era una frase buona per una poesia: sul web si sarebbe persa inutilmente! E comunque bisogna ammettere che era venuta fuori proprio dalle mie riflessioni per un articolo commissionato per la rete, quindi direi che spunti per scrivere se ne possono trovare ovunque, anche dal freddo web.

Il web può aiutare a diffondere ad un grande pubblico una conoscenza meno superficiale e più corretta della lingua italiana? O è vero invece il contrario?

Ecco, quello che dicevo prima. Dovrebbe. Nel senso che questo potrebbe essere un obiettivo da darsi, al di là del fatto che la scrittura sul web sia in gran parte finalizzata a pubblicizzare e commercializzare beni e servizi.

Come dicevo, ho l’impressione che ultimamente si faccia più attenzione alla lingua, sul web. Anche se continuano ad esserci molti errori, per carità. Se ne trovano ancora parecchi, ma forse grazie anche ai tanti articoli (sempre sul web, ovviamente) che indicano quali sono gli errori grammaticali più frequenti, sembra che la situazione sia almeno un po’ migliorata. Quello che io noto soprattutto è l’utilizzo di un lessico molto ridotto, probabilmente perché l’intenzione è quella di arrivare a tutti, quindi spesso non ci si spinge verso un vocabolario più ricco.

Volente o nolente, però, ormai la scrittura passa tutta per la rete, quindi forse bisognerebbe iniziare ad avere uno sguardo diverso, più volto alla professionalità, smettendola di fare distinguo tra digitale e cartaceo (ma sono positiva: forse ci si arriverà) e iniziare a valorizzare la buona scrittura comunque, ovunque. Anche per vendere capi di abbigliamento o smartphone, perché no?