Perché la tecnologia non funziona mai come dovrebbe?

Non ne ho la certezza e lo saprò solo quando vedrò queste righe pubblicate, ma c’è una certa probabilità che, se dovesse capitare qualche guaio e l’articolo che sto scrivendo dovesse non essere salvato, non essere ricevuto da chi me lo ha richiesto o, peggio, dovesse cadere nell’oblio a causa di una perdita di dati del mio computer, potrei compiere le seguenti azioni: parlare a un oggetto inanimato; scantonare la mia responsabilità e addossarne la colpa a qualcosa – come sopra – di inanimato.

Già, perché, per quanto si possa essere esperti in tecnologia e capirne perfettamente il funzionamento, non c’è cosa che viene più spontanea, quando si ha a che fare con un dispositivo tecnologico, di trattarlo come se fosse un essere pensante e quindi non solo rivolgersi a “lui” con la parola – improperi, più che altro, poche volte con parole gentili – ma anche dargli la colpa quando qualcosa non va per il verso giusto.

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“Non ha salvato”, “ha scaricato un file che non volevo scaricare”, “ha cancellato i numeri in rubrica”, così come giustificare il proprio ritardo con “la sveglia del cellulare non ha suonato” o dare la colpa al proprio impianto antifurto digitale – “eppure io lo avevo programmato” – se ci vengono i ladri in casa o se parte una chiamata che non vogliamo fare e che in qualche caso potrebbe anche causarci seri problemi. Frasi classiche che prima o poi ognuno di noi dice.
Beh, alla fine sembra sempre che tutti i problemi tecnologici non siano causa nostra ma colpa dei dispositivi stessi, come se avessero una loro volontà a e ci trovassero gusto a farci dispetti e a movimentarci la vita.

Certo, la ricerca che riguarda l’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e ha percorso un buon tratto di strada, molto spesso senza che noi ce ne rendessimo conto, continuando a implementarsi mentre noi compiamo le nostre azioni quotidiane con i nostri smartphone, computer e tablet. Questo è vero, ma è improbabile – almeno per il momento – che sia colpa della tecnologia quando ci capita qualche guaio con i nostri dispositivi, quanto invece che la causa sia imputabile alle nostre azioni scorrette nell’utilizzarla o, per lo meno, alla nostra disattenzione.

Ed è così che la maggior parte delle volte che ci troviamo a che fare con quelli che noi definiamo malfunzionamenti dei dispositivi che ormai fanno parte del nostro quotidiano e di cui sembra non si possa più fare a meno, che possono causarci vere e proprie crisi di nervi – a chi non è capitato di provare come minimo la sensazione di spaesamento se solo il proprio cellulare non si connette per qualche ora? – sono imputabili a noi stessi, non decisi e voluti dai nostri apparecchi.

E anche nel caso in cui il guaio non lo causiamo noi e si tratti di un qualche problema di cui non abbiamo davvero responsabilità, la gamma delle reazioni che possiamo avere di fronte a un dispositivo che non funziona come dovrebbe o non funziona affatto – e in questo caso è proprio una tragedia: ci sentiamo il mondo crollare addosso, come se non si fosse più nella possibilità di fare alcunché e la nostra vita lavorativa, sociale, sentimentale fosse rovinata per sempre – tutti sappiamo come ci si sente: malumore, impazienza, sconforto, confusione, ansia, frustrazione, disperazione, panico, la sensazione di essere in balia del… nulla, di essere “fuori dal mondo”.

Poi ecco: c’è chi reagisce cercando subito aiuto, chi tenta di metter mano da solo alla questione, magari spendendo parecchie energie e tempo per cercare di venirne a capo. In ogni caso, nessuno di noi è immune dalle reazioni emotive che si provano quando la tecnologia non funziona. Perché tutti, prima o poi, giovani e vecchi, esperti e meno esperti, le proviamo, visto che in pratica, per un motivo o per un altro, in moltissimi momenti della nostra giornata abbiamo a che fare con la tecnologia.

Sono infatti piuttosto sicura che, se ora cito qualche esempio degli innumerevoli problemi tecnologici con i quali si può avere a che fare anche solo con i nostri computer e smartphone, tutti capiranno cosa voglio dire e avranno ben presente quali potrebbero essere le sensazioni che si provano: il computer che non si accende (ahia…) ed essere consapevoli di non aver fatto un backup; il cellulare che non si carica; il sospetto che il proprio computer sia in tilt a causa di un virus (ahia…); non ricordarsi più una password ma ricordarsi di averla scritta da qualche parte ma non ricordarsi dove; la stampante che non funziona; non riuscire a connettersi a Internet (un classico); scoprire che le e-mail che si sono spedite non sono mai giunte a destinazione e il conseguente dubbio che non se ne ricevano (magari proprio quando stiamo aspettandone una davvero importante); il cellulare con la memoria piena; avere il pc o il cellulare in riparazione; avere il cellulare scarico o che non funziona e rendersi conto di non ricordarsi neanche un numero di telefono (e ovviamente aver dismesso le rubriche cartacee da anni e anni).

Ecco: sappiamo come ci si sente in queste situazioni.

Per la cronaca: il mio articolo finisce qui e per tutto il tempo non ho parlato al mio pc, non ho bestemmiato neanche una volta, non ho avuto problemi di sorta. Ovvio, non è detto che fino a quando non lo avrò spedito qualcosa non possa andare storto… Del resto, fuori imperversa un temporale e non è detto che un calo di tensione non faccia andar via la corrente e…
Sì, perché è anche questo a cui ci sottopone l’uso della tecnologia: l’evenienza di incappare in qualcosa di improvviso, di inaspettato. Uno stress, insomma.

Alessandra Buschi