Farsi trovare in un web policentrico

Nel 2024 la rete è uno spazio che sembra infinito, dove l’informazione si disperde e la nostra presenza sembra diventare ogni anno un granello di sabbia in una spiaggia enorme.

Trovare canali di visibilità sembra una sfida che si ripropone senza sosta, quando ogni tanto scopriamo che sono emersi nuovi bacini di visibilità in cui puntualmente siamo assenti, e ci sentiamo periodicamente tagliati fuori da un ‘nuovo che avanza’ che – effettivamente – progredisce inesorabilmente creando nuovi punti di generazione del senso e catalizzazione dell’attenzione pubblica.

La galassia dei social media

All’alba dell’era social sembrava possibile sostenere quelli che sembravano essere i nuovi canali indipendenti dallo strapotere di Google, quando Facebook e Twitter muovevano i primi passi nel mare magnum di una rete che in quel momento era focalizzata sulla ricerca web di contenuti testuali pubblicati su siti indipendenti.

Era però l’aprirsi di un’epoca digitale dominata dallo user generated content, che si diffuse a macchia d’olio creando bacini giganteschi, destinati presto a diventare simboli di una nuova rete: il web 2.0.

Non sapevamo che i social si sarebbero susseguiti l’uno con l’altro, generando una serie di spazi separati che hanno saputo catturare l’attenzione di ogni fascia di consumatore digitale, sia dal punto di vista anagrafico che da quello del contenuto.

Social per le foto, social per i video, social per trovare od offrire lavoro, social per il dating, per la compravendita di oggetti, vestiti, marketplace per le professioni e il recruitment.

Quello che abbiamo oggi è un web policentrico in cui qualsiasi contenuto trova uno spazio parziale per un pubblico ormai frammentato su piattaforme diverse, e coinvolto da contenuti di ogni tipo.

Dispersione e prevalenza del caos

L’informazione e il contenuto rischia quindi una poteziale dispersione, indipendentemente dal canale in cui decidiamo di pubblicarlo.

Se mettiamo online una nuova pagina web questa no verrà mai letta dai fruitori social abituati ai canali visivi di Instagram o TikTok, o dai consumatori di video YouTube.

Se produciamo un post social, su Facebook e Instagram, il nostro sito rimarrà senza la linfa vitale rappresentata dall’aggiornamento costante.

Se programmiamo l’avvio di un canale di videopodcast, di nuovo, incontreremo una nuova platea dovendo fare sforzi non indifferenti per non perdere quella visibilità pubblica che avevamo già coltivato sui canali precedenti, coltivando il sito, i profili social, i network più o meno classici conosciuti da tutti.

Il web policentrico è una sfida che sembra onerosa, e non solo per le aziende più rocciose ma persino per i creator più organizzati, che raramente possono curare un intero network dalla A alla Z, senza sacrificare qualcosa.

La visibilità è un bene che si conquista per frammenti e si disperde in rivoli.

Organizzare il flusso editoriale

Una prima via di fuga a questo problema viene dall’organizzazione strategica dei flussi di contenuto. I social media marketer più anziani sanno bene che quando si tratta di distribuire un buon contenuto vale la pena di prevedere un percorso di diffusione multipiattaforma.

A secondo del contenuto possiamo quindi raggiungere diversi gruppi di audience, mitigando la dispersione e offrendo al policentrismo una distribuzione capillare ma pianificata, direi ottimizzata.

Oggi un video può essere pubblicato su un’ampia maggioranza di piattaforme; e non sarebbe sbagliato pensare che possa essere pubblicato in primo luogo sul caro vecchio sito aziendale, che anzi può offrire una vetrina preziosa per questi contenuti.

podcast italiani

Meglio ancora è saper concepire il contenuto, fin dalla sua genesi, come veicolo multicanale da poter pubblicare in diversi formati, testuale, video, audio, e saperlo quindi rendere trasversale ai contesti di fruizione e spendibile sui diversi centri di ascolto, moltiplicandone le ricadute pubbliche.

Una sfida, questa, che vede nel content creator non più un mero attore creativo che si adatta alla singola piattaforma, ma al contrario un vero editor al servizio dell’informazione che si vuole veicolare, facendola girare e sopravvivere nel policentrismo della Rete odierna.