Ecco a voi Watson, il cervellone IBM che sbarcherà a Milano

A latere del progetto Human Technopole, di cui ho scritto pochi giorni fa, IBM ha recentemente annunciato un accordo con il nostro governo per integrare le potenzialità di Watson nell’ambito della ricerca e della sanità.
Watson è un supercomputer sviluppato da IBM che combina l’intelligenza artificiale con un sofisticato software di analisi dati, per raggiungere prestazioni ottimali nell’ambito del question answering. Il suo nome è preso da quello del fondatore di IBM, Thomas Watson. I processori di Watson permettono una velocità praticamente incomprensibile per la mente umana (si parla di miliardi di miliardi di operazione in virgola mobile al secondo – per la precisione 80 teraflops) e lo scopo è di arrivare a replicare – o superare – la capacità di un cervello umano di rispondere a stimoli e domande. Ciò viene garantito anche grazie all’accesso di 90 server con svariati milioni di pagine di informazioni.

watson IBM

Oltre alle possibili sinergie con il già menzionato Human Technopole – se l’idea lanciata da Renzi dovesse trovare corso e tramutarsi in cantiere – le possibilità circa i futuri utilizzi di Watson sono molteplici. Dal momento che il dispositivo è in grado di eseguire la ricerca testuale e svariate analisi complesse su enormi volumi di dati non strutturati, potrebbe ad esempio gestire un motore di ricerca con capacità di gran lunga superiore a qualsiasi ora esistente, surclassando di molto l’attuale sistema di Google. Attualmente non è chiaro se Watson potrebbe essere reso disponibile a tutti attraverso un’interfaccia internet e quindi accessibile da chiunque abbia una normale connessione: tuttavia è chiaro che IBM è decisamente interessata a applicazioni di ampio respiro. La sete di informazioni strategiche di Watson viene placata grazie ad accordi con grandi aziende, in particolare nel settore Hi-Tech: attualmente, il supercomputer ha ad esempio accesso a tutti i post pubblici di Facebook e a tutti i tweet rilasciati su Twitter. IBM garantisce che Watson non raccoglie dati diretti circa l’identità degli autori, ma considerata la capacità di calcolo e di interpretazione dei dati di questo supercomputer viene da chiedersi se avrebbe davvero bisogno di leggere un nome e cognome per stabilire e compilare profili personali di dati ordinati per i singoli utenti, riconoscendoli sulla base della qualità e della tipologia delle informazioni.

Non si tratta dunque di un normale computer, ma di un sistema cognitivo, che apprende sulla base di informazioni non lineare e non organizzate esattamente come un essere umano – con la notevole differenza di poterlo fare in maniera straordinariamente rapida ed efficiente. In pochi secondi può comprendere il significato delle parole di milioni di pagine di testo, e non solo immagazzinarne il contenuto. Allo stesso modo, è in grado di comunicare con moltissima flessibilità, sia attraverso linguaggi umani sia con sistemi di altra natura. Può essere interrogato da una normale persona, indipendentemente dalla sua lingua di origine, e non si limita al riconoscimento vocale ma si sforza di capire il significato delle parole pronunciate, delle sfumature lessicali, dell’intonazione della voce e del senso generale della frase calato nel contesto del discorso. Il tutto in un’impercettibile frazione di secondo, sufficiente per sviluppare ipotesi interpretative e offrire una risposta coerente attraverso un linguaggio chiaro ed intellegibile.