Leggi e sostanza: risposte inadeguate alla sovrabbondanza di informazioni in rete

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Due problemi reali: sovrabbondanza e qualità delle informazioni

L’universo digitale è davvero molto affollato. La rete internet apparentemente così leggera ha in realtà un suo peso, un peso che può divenire opprimente.
Questo strumento di comunicazione così pervasivo ed efficace sembra perennemente in bilico: da una parte spazio di libertà democratico, dall’altra gigantesco girone infernale.

Sono tanti – e anche abbastanza complessi – i problemi legati al capillare utilizzo di internet. Uno dei più interessanti per gli argomenti trattati in questo blog è sicuramente la sovrabbondanza di informazioni.

Sembra che, paradossalmente, la possibilità di veicolare in modo rapido e semplice grandi quantità di informazioni da un punto all’altro del globo non stia aiutando granchè la nostra capacità di comprensione del mondo. Il problema è che le informazioni sono talmente tante – per di più spesso in contraddizione tra loro, superficiali e non di rado completamente false – che il rischio è quello di perdere il senso delle cose saltellando inultimente da una informazione all’altra, da un link all’altro.

Inoltre in questo grande caos informativo passa un po’ di tutto. Contenuti violenti, illegali, vere e proprie truffe…
La qualità di queste informazioni è spesso molto bassa e non di rado sconfina nell’illegalità.

Una impossibile risposta: più leggi, più pene

Era facilmente prevedibile che di fronte a questi reali problemi prendessero corpo una serie di pensieri e di iniziative tendendenti, in un modo o nell’altro, a limitare la libertà del web.

Naturalmente i problemi esistono e vanno affrontati. Non lasciamoci però incantare dal pensiero reazionario di chi vorrebbe risolvere tutti i problemi con leggi e cavilli volti a diminuire la libertà del net.

Questo modo di approcciare ai problemi è sbagliato e completamente inefficace. Mi riferisco ad una mentalità diffusa: di fronte ad una problematica reale bisogna rispondere con l’introduzione di nuove leggi o con innalzamenti di pena per le leggi già esistenti.
Con ciò naturalmente non nego che singole leggi specifiche o il miglioramento di determinate normative esistenti possa essere utile e importante.

Non posso però non riconoscere che l’idea secondo cui i problemi possano essere risolti da normative più stringenti e da pene più severe sia in realtà diffusa in molti ambiti, non solo riguardo alla regolamentazione di internet. I fautori di questo approccio appartengono del resto ad una parte politica identificabile, per quanto non completamente omogenea.

La diffusione di internet in Italia non è stata accolta come una possibilità di sviluppo (anche economico) come è avvenuto in altri paesi. Ci si è focalizzati su alcuni dei problemi che essa portava con sé provando a limitarli esclusivamente attraverso l’introduzione di norme.

Un esempio di questo approccio è stata la limitazione per i pubblici esercizi di dare libero accesso al wi-fi. La norma, contenuta nel decreto Pisanu antiterrorismo del 2005, imponeva ai gestori di pubblici esercizi e ai circoli privati di qualsiasi tipo di chiedere l’autorizzazione al questore per offrire al pubblico una connessione wi-fi libera. Inoltre i gestori avrebbero dovuto identificare ogni utente nonché controllare in qualche modo le attività da lui svolte.

L’idea che si potesse affrontare con efficacia una delle problematiche di internet (la veicolazione anonima di informazioni di qualsiasi tipo) all’interno di un decreto sul terrorismo aveva delle sfumature francamente angoscianti e surreali.

E’ merito di questa legge, poi cancellata da Monti nel 2012 e oggi completamente superata dall’articolo 10 del cosiddetto ‘Decreto del Fare‘, se in ogni paese d’Europa moltissimi bar, pub e ristoranti offrono la connessione in wi-fi ai propri clienti mentre in Italia per molti anni ciò non è stato possibile.

Altro esempio è stato la reiterata proposta di equiparazione normativa tra siti internet e testate giornalistiche. Nella prima versione che ricordo di questo per me incomprensibile tentativo [legge Franco Levi, 2007, Governo Prodi] il modo in cui era scritta la legge era talmente generico che praticamente qualsiasi pagina web nel momento in cui ‘faceva informazione’ veniva equiparata ad una testata giornalistica (quindi anche pagine Facebook, forum, blog).

Si tratta di risposte ridicole, tentativi goffi – talvolta farseschi – di controllare una realtà che non si riesce a comprendere.

I tentativi di equiparazione tra la stampa e le pubblicazioni online sono particolarmente significativi. Intanto perché sono palesemente privi di senso. E’ evidente a tutti infatti che i giornali sono diversi da siti internet, pagine Facebook, blog e forum.
Non si capisce per quale motivo cose così diverse debbano essere sottoposte a identica normativa. Non ha proprio senso come impostazione.

Ma questi tentativi, non riusciti fortunatamente, sono significativi anche perché esemplificano bene un atteggiamento generale di fronte al reale problema della sovrabbondanza e qualità delle informazioni. C’è un problema? Mettiamo più leggi!

Una domanda mi viene naturale: le leggi sulla stampa, molte delle quali naturalmente sacrosante, hanno risolto questi due problemi?

La risposta è no. E’ proprio in ambiente giornalistico che entrambi i problemi si sono manifestati con evidenza. Anche le regolamentazioni ‘corrette’ non hanno risolto il problema, ne hanno al massimo limitato gli effetti.

Le leggi e la sostanza delle cose

Allargo un poco il discorso alla mentalità generale, all’idea che con l’istituzione di una legge o con l’inasprimento di una pena si possa risolvere un problema.

Le leggi possono essere giuste o sbagliate, possono essere fondamentali, ininfluenti, epocali, progressiste o reazionarie. L’istituzione di alcuni leggi ha evidentemente cambiato il corso della storia.

Tuttavia le leggi non possono interventire sulla sostanza delle cose. Le leggi regolamentano comportamenti pubblici, sanzionandone alcuni.
In un paese, come il nostro, in cui le leggi sono tutto sommato valide e in cui l’illegalità è diffusa è chiaro che la difesa della legalità ha un valore. E’ importante.

Però l’idea che tutto possa risolversi con leggi e pene non ha fondamento. E’ ideologia. Risolvere è intervenire sulla sostanza.

Riguardo ai due problemi da cui ho iniziato: io vorrei che la politica si focalizzasse sul cuore dei problemi e non sulla istituzione di norme. Meno Governo, più politica, più cultura.

Vorrei una sovrabbondanza di pensiero politico e culturale.