Tinder può servire al personal branding?

A chi conosce l’applicazione verrà automaticamente da rispondere, ma certo che no! Eppure, nell’era dei social network, dove la vita del mondo reale spesso viene spostata nel mondo digitale, tutto o quasi è possibile. E così, anche un’applicazione nata per fare nuove amicizie e per allargare il proprio giro di conoscenze può servire per fare personal branding.

In realtà Tinder è un’applicazione che ha un ruolo un po’ più specifico. E’ stata, infatti, una dei primi programmi dedicati agli appuntamenti. Su Tinder ci si va per trovare l’amore o comunque per conoscere e frequentare qualcuno di interessante. Possiamo definirla come un’evoluzione dei vecchi siti online di incontri, con un bacino di pubblico molto più ampio e una vetrina di presentazione degna dei più moderni social network. Il suo scopo principale è quello di mettere in contatto le persone virtualmente, tramite le chat e poi, volendo, continuare la conoscenza con un incontro dal vivo.

Vista così Tinder altro non è che un social un po’ più ristretto come numero di partecipanti, che mette in contatto le persone che hanno qualche interesse in comune e che soprattutto sono vicine tra di loro. Uno dei suoi punti forti è la geolocalizzazione, che consente di trovare proprio le persone più vicine a dove ci troviamo. Viste le premesse qualcuno ha pensato bene di utilizzarlo anche come strumento di marketing, e la cosa funziona. Pare infatti che il trend stia avendo grande successo.

Tinder Personal branding - Web Crew

Campiamo un po’ meglio come è possibile utilizzare Tinder per fare personal branding. Innanzitutto per utilizzarlo è necessario iscriversi all’applicazione e creare un profilo a cui aggiungere alcune informazioni personali e qualche foto. Sono richieste anche tutta una serie di preferenze da inserire per fare in modo che l’algoritmo ci metta in contatto con le persone giuste. Completata la registrazione, nella home appariranno a scorrere tutti i profili di persone che ipoteticamente potrebbero rientrare nei nostri gusti. Ogni volta che incontriamo una persona interessante è possibile mettere un like, se questo viene ricambiato abbiamo un match e saremo in grado di iniziare una conversazione.

Se partiamo dal presupposto che ovunque ci sia possibilità di comunicare e di mettersi in comunicazione con altre persone si può fare marketing, Tinder è un posto perfetto. Il profilo rappresenta il proprio brand. E’ importante curare la presentazione, perché da come viene percepito all’esterno, dipendono tutte le interazioni. E’ il modo in cui si sceglie di presentarsi che genera curiosità, curiosità che spinge a voler avere un contatto e dunque ad iniziare una conversazione. Lo scopo di questa conversazione è quello di ottenere un appuntamento dal vivo. Ma, perché no, si possono avere anche altri obiettivi. Obiettivi un po’ più orientati verso il marketing, per esempio.

Mettiamo il caso che si voglia far conoscere il proprio Instagram. La pratica è quella di inserire il link diretto nel profilo Tinder e in questo modo veicolare le persone con cui si ha un match su un ‘altra piattaforma, spesso IG, dove le nuove conoscenze andranno ad implementare e aumentare i propri follower.

E’ proprio quello che sta accadendo. Tinder diventa in questo modo una vetrina in cui ci si presenta nel miglior modo possibile, secondo l’obbiettivo che si vuole ottenere. E se tra tutti gli incontri, si riesce anche a trovare una persona un po’ più interessante, con il quale decidere di instaurare anche un rapporto al di fuori dell’app, ben venga.

Un avvertimento però è d’obbligo. Se è vero che queste pratiche hanno un alto potere di far crescere l’engagement del proprio profilo, è anche vero che può essere un’arma a doppio taglio. Innanzitutto, se si usa Tinder per questo scopo, bisogna essere molto chiari quando ci si presenta. E’ importante non far sentire al proprio, chiamiamolo pubblico, di averli usati o di aver sprecato il loro tempo. Le persone che sono sull’app cercano per lo più una connessione, un legame, una certa affinità emozionale, ma non hanno voglia di essere vittima di una campagna di marketing. Onestà prima di tutto, unita ad una buona dose di capacità di stimolare la curiosità e di intrattenimento. Dopo tutto non bisogna dimenticare lo scopo principale dell’app.

Monica Curreli