Storia e successi di David Ogilvy

Abilità nella vendita, professionalità, ma anche umorismo e coraggio sono i tratti principali della personalità di uno dei pubblicitari più famosi della seconda metà del Novecento.

Quello di David Ogilvy non è stato certo un percorso professionale lineare, resta il fatto che tutte le sue esperienze lo hanno portato a diventare una vera leggenda nel campo dell’advertising.

In meno di quindici anni è stato capace di costruire un vero impero di agenzie con sedi in tutto il mondo, partendo quasi dal niente. “Confessioni di un pubblicitario” oltre ad essere diventato un best-seller è considerato ancora oggi un manuale di riferimento per chi decide di intraprendere la carriera di pubblicitario.

David Ogilvy

Ripercorriamo insieme le tappe fondamentali della vita e i successi di questo personaggio assai controverso, che ha influenzato non poco le generazioni a lui successive e che ha subito intuito l’importanza di alcuni aspetti del mondo della comunicazione.

L’abbandono degli studi

Nato nel 1911 da una famiglia di nobili origini nel villaggio del West Horsley, in Inghilterra, David trascorre l’infanzia in quella che era stata la casa di Lewis Carroll, l’autore di “Alice nel paese delle meraviglie“.

All’età di nove anni studia in un college aristocratico ad Eastbourne e dal 1924 inizia a frequentare il Fettes College di Edimburgo dove fa amicizia con ragazzi che sarebbero diventati deputati del parlamento inglese.

Sempre durante lo stesso anno vince una borsa di studio in storia all’università di Oxford, ma verrà espulso perché troppo distratto e irrequieto.

Le prime esperienze lavorative

Lasciata l’università e gli studi accademici David decide di partire per la Francia e inizia a lavorare come chef a Parigi. Pur non essendoci legami diretti col mondo della pubblicità, è proprio in questi anni che impara il valore della disciplina e del lavoro in team.

Dopo circa un anno torna in patria per intraprendere la carriera di venditore di fornelli porta a porta. Ottiene un notevole successo lavorando per la AGA e riesce a vendere cucine a categorie di persone anche molto diverse tra loro.
Su richiesta del suo datore di lavoro, nel 1935 scrive una guida per i suoi colleghi. A trent’anni di distanza la rivista Fortune la definirà come il più bel manuale di vendita mai scritto prima.

In questo periodo l’unico pubblicitario della sua famiglia è il fratello maggiore che lavora come account manager per l’agenzia Mather & Crowther. È proprio lui a sottoporre la guida di David ai suoi superiori che, altrettanto colpiti, decidono di assumerlo.

Nel 1938 viene mandato negli Stati Uniti dai suoi nuovi datori di lavoro per imparare le tecniche pubblicitarie americane; non tornerà più in Inghilterra.

Cambia nuovamente lavoro e inizia a collaborare come ricercatore per l’istituto George Gallup nel New Jersey. La sua passione per i dati e le statistiche si rifletterà anche nel suo lavoro di creativo. Sarà lui stesso ad affermare:

A quel che mi consta, credo di essere il solo creativo importante che abbia cominciato facendo ricerca. Perciò, quando sono impegnato in un lavoro creativo, lo faccio con l’oggettività del ricercatore.

Durante la seconda guerra mondiale Ogilvy lavora come spia britannica sempre in America e sempre applicando il metodo di ricerca Gallup.

Finito il conflitto decide di abbandonare il mondo del marketing e della ricerca per fare l’agricoltore in una comunità di Amish, in Pennsylvania. Compra un appezzamento di terra ed insieme alla famiglia inizia quella che sarà l’ultima esperienza professionale prima della sfolgorante carriera da pubblicitario.

I successi dell’agenzia Hewitt, Ogilvy, Benson & Mather: alcuni famosi spot di Ogilvy

Dopo circa tre anni da contadino, i risultati non sono quelli sperati e allora David decide di rientrare nel mondo degli affari.
Consapevole del fatto che a 38 anni nessuno l’avrebbe mai assunto, convince il fratello a fondare insieme ad altri due soci un’agenzia propria, la Hewitt, Ogilvy, Benson & Mather.

I primi tempi sono duri, le spese sono troppe rispetto ai guadagni e i clienti di spessore scarseggiano. Proprio quando il fallimento sembra inevitabile, l’agenzia di Ogilvy riesce a firmare un contratto con la Guinnes.

Associando la birra scura a una serie di piatti tradizionali, David mette in piedi la sua prima campagna fortunata. Da qui in poi saranno molti i successi per lui e il suo team. Ricordiamone i più celebri:

  • L’uomo in camicia Hathaway
    Sicuramente una delle campagne pubblicitarie più famose diretta da Ogilvy che ha l’idea di usare come testimonial il barone George Wrangell con una benda da pirata sull’occhio destro. Il marchio d’abbigliamento diventa in poco tempo simbolo di stile ed eleganza.
  • ogilvy - hathaway man

  • La Schweppes
    Stavolta il testimonial è lo stesso fondatore dell’azienda che compare sulle locandine con la sua barba rossa, diventando celebre in tutti gli Stati Uniti. È una strategia pubblicitaria mai vista prima.
  • Schweppes - Ogilvy

  • Dove
    Negli anni 60, dopo che altri marchi prestigiosi come Shell, American Express e Rolls-Royce decidono di affidarsi alla Ogilvy e Mather, David riesce a portare al successo la Dove inventando, tra l’altro, lo slogan “…con un quarto di crema idratante”. Il sapone diventa in breve tempo il più utilizzato a livello nazionale.
  • Ogilvy - Dove

Conclusioni

Nel ’73 David Ogilvy decide di andare in pensione dopo che la sua agenzia è diventata una multinazionale prestigiosa. A lui va riconosciuto il merito di aver applicato per primo un approccio rigoroso, quasi scientifico, all’ambito pubblicitario.

Dal tipico comportamento da dandy inglese nella vita privata, sul lavoro viene invece ricordato per la sua professionalità e per aver imposto ai suoi dipendenti un codice di condotta da rispettare.

Pur inconsapevole dell’impatto che la tecnologia avrebbe avuto sull’advertising, anticipò molti dei principi che sono ancora alla base del metodo pubblicitario.
Un precursore camaleontico, un vero mito del mondo degli affari che ha segnato un’epoca e da cui c’è tanto da imparare.

Dario Fornarelli