La storia e le pubblicità sociali della Concerned Children’s Advertisers, a un anno dalla chiusura

A partire dagli anni Novanta e fino al marzo del 2017 la Concerned Children’Advertisers è stata una presenza molto forte in Canada per quanto riguarda le compagne di sensibilizzazione attraverso i media su molti temi legati all’infanzia.

Concerned Children's Advertising

Nata inizialmente come Companies Committed to Kids e appoggiata dal Dipartimento Nazionale per la Salute, la Concerned Children’Advertisers ha visto negli anni l’impegno di molte società private che commercializzano prodotti per bambini e famiglie nel diffondere tramite mass media annunci di servizio pubblico che interessano temi quali l’abuso di droghe, il bullismo, l’autostima e uno stile di vita più sano.

Per quasi trent’anni, una presenza davvero massiccia su molte reti televisive del Paese e, in parte, anche di alcune zone degli Stati Uniti, che con i suoi spot ha scandito tutta l’infanzia di quella che è oggi la popolazione adulta canadese.
Dopo quasi trent’anni di così vasta popolarità sugli schermi, lo scioglimento della no-profit di Toronto deve esser stato di grande impatto per molti Canadesi, abituati a vedere quotidianamente il logo dell’organizzazione sugli schermi televisivi.

Difficile sapere se la gran quantità di PSA (Public Service Advertising) abbia realmente sortito gli effetti prefissati, fatto sta i tanti spot messi in onda dalla Concerned Children’s Advertisers sono rimasti nei ricordi di chi, fin dai primi anni dell’attività dell’organizzazione, è stato bambino.
Qualche esempio tra i più popolari: “Don’t Put It In Your Mouth”, del 1993,

oppure, per spaziare in altri ambiti di intervento della Concerned Children’s Advertisers, “Drugs Drugs Drug: Which are good? Which are bad?”.

Oggi, oltre a trovare chi li ricorda con nostalgia, non è comunque raro imbattersi in chi invece ha letto in chiave critica le campagne della Concerned Children’s Advertisers volute da aziende quali McDonald’s, Nestlé, Disney, Mattel, Hasbro, Kellogg’s, Kraft, General Mills e ZenithOptomedia, sia per quanto riguarda i contenuti dei messaggi stessi sia per il modo in cui venivano presentati a un pubblico di bambini.

Toni che in effetti, come viene fatto notare da alcuni contenuti video presenti in rete, non erano – soprattutto per quanto riguarda gli spot trasmessi negli anni Novanta – particolarmente curati dal punto di vista educativo ed anzi più inclini a catturare l’interesse dei più piccoli con immagini non proprio adeguate o canzoncine accattivanti ma dai contenuti poco chiari.

Alessandra Buschi