La polemica pubblica sulle false notizie online

In questi giorni, non solo in Italia, si discute animatamente del fenomeno di diffusione di false notizie attraverso il web.

E’ una polemica pubblica che di volta in volta viene evidenziata da casi più o meno disparati (e più o meno malevoli) che emergono nel flusso di informazioni mainstream per arrivare all’orecchio della pubblica opinione, che per qualche motivo in questo momento appare particolarmente suscettibile a questo problema.

Eppure quello della diffusione di notizie false è un problema tutt’altro che originale nel mondo dei produttori di informazione, per dire la verità.

propaganda

Le false notizie online: Il buono, il brutto e il cattivo

Le soluzioni censorie che vengono inoltre proposte, da uno schieramento o da un altro, non inquadrano realmente il problema, e hanno come sempre un suono sinistro che anticipa censure ben peggiori, che non potrebbero mai portare qualcosa di buono alla pubblica coscienza in ogni caso.

Ovviamente il problema non ha radici nella Rete in quanto tale, come vedremo in breve, e purtroppo le sue derive più infami sono ben salde proprio nei luoghi dove le informazioni vengono davvero ‘create‘, ad uso e beneficio pubblico.

E non da ora, ma da quando esiste il concetto steso di opinione pubblica per come è inteso nelle democrazie occidentali.

Sarà quindi meglio isolare il fenomeno di lunga data, quello delle false informazioni diffuse ad arte, dalle derive webbiche che oggi ottengono tanta attenzione da parte di media, lambendo tranquillamente l’orizzonte della politica.

Il buono

Esiste un lato buono del web che pubblica false notizie per attirare pubblico? Ma certamente, basti pensare a siti di satira che scimmiottano le testate giornalistiche per deridere il sistema radiotelevisivo e per dileggiare gli stessi lettori, proprio come faceva a suo modo la storica rivista satirica Il male negli anni settanta.

lercio

Lercio – per citare il caso di più ampio successo a livello nazionale – ha sviluppato nel tempo un suo pubblico affezionato, che non smette di ridere amaramente di fronte ai titoli stralunati e paradossali – e quindi drammaticamente verosimili rispetto ai normalissimi quotidiani – pubblicati dal noto sito umoristico.

Distorcere la realtà per mettere a nudo gli aspetti paradossali della realtà stessa – compiendo un atto di esplicita ironia nei confronti del sistema mediatico e culturale cui facciamo riferimento – è un atto tanto meritorio quanto salvifico per una società come la nostra.

Le ‘false notizie’ di Lercio e di qualsiasi sito che si occupi di satira non possono naturalmente essere bersaglio di alcun provvedimento in alcun modo limitante o censorio.

Se i lettori o i giornalisti non capiscono la differenza tra Lercio e una notizia ‘vera’ allora il problema è sicuramente – e drammaticamente – del giornalismo del nostro paese e del tipo di opinione pubblica cui dobbiamo fare riferimento.

Il brutto

Esiste invece una galassia di siti che effettivamente pubblica notizie false per meri scopi commerciali. Si tratta di siti che puntano ad incamerare consistenti flussi di traffico in ingresso atttraverso la pubblicazione di titoli ‘sensazionalistici’ o semplicemente coinvolgenti, capaci quindi di suscitare la reazione da parte di diversi strati di pubblico in numerosi settori d’interesse, dalla cronaca al gossip, dalla salute alla politica.

Facendo leva su sentimenti diffusi nella popolazione, come il razzismo o come la paura di malattie e disastri, tali siti veicolano false notizie scritte ad arte per ottenere consenso e visibilità presso un’ampia platea di pubblico, fenomeno che tende spesso ad incrementare la pretesa di veridicità della stessa fonte della notizia, che può quindi ambire a raggiungere rapidamente ampia visibilità pubblica nazionale.

Il cortocircuito è garantito non solo dalla creduloneria della gente che legge, ovviamente, ma anche dai meccanismi specifici delle piattaforme di inserzionistica pubblicitaria che alimentano – loro malgrado – le entrate correnti di questo genere di sito.

In questo senso la notizia più seria su questo argomento era già stata raccolta – ad esempio da Reuters – nel novembre 2016, quando Google aveva dichiarato di aver ristretto l’accesso di questi siti alla sua piattaforma pubblicitaria e Facebook aveva, dal canto suo, asserito di aver studiato un filtro algoritmico capace di arginare la diffusione spontanea di questo tipo di link tramite il social network.

Questo genere di siti effettivamente distribuisce false notizie per scopi pessimi; ovvero garantirsi ampio traffico e maggiori entrate pubblicitarie sfruttando le false notizie e la gente che ci casca.

Anche se nella maggior parte dei casi si tratta di siti per lo più innocui, sul piano sostanziale, è sicuramente vero che inquinano il web e non offrono alcun valore per l’utente finale.

Ma per questi non servono soluzioni politiche, bastano le soluzioni ‘tecniche’ che possono essere studiate dai concessionari pubblicitari, che hanno tutto l’interesse per liberarsi di questi pessimi publishers, e dalle singole piattaforme sociali, come appunto Facebook, che hanno altrettanto interesse nell’isolare queste fonti dalla propria selezione algoritmica.

Il cattivo

Ecco dove davvero la pubblicazione di notizie false diventa perniciosa per la pubblica opinione. Quando l’autore di tale mistificazione è una fonte che dovrebbe invece essere autorevole e credibile per definizione, come appunto una testata giornalistica.

E’ il giornalismo che ha imparato ad utilizzare le false notizie online che davvero dovrebbe spaventare ed inorridire l’opinione pubblica informata.

manipolazione media

Dalle redazioni di piccole o grandi testate vengono proposte ogni giorno notizie false per 3 ordini di motivazione, di cui solo la prima è di natura innocente (ancorchè sintomo di pessima deontologia professionale).

1 – Le redazioni giornalistiche che trovano online le fonti per le proprie notizie, copiando a destra e manca ciò che a loro appare più appetibile per il proprio pubblico di lettori. In questo caso la pubblicazione di una notizia falsa è semplicemente attribuibile ad un metodo di ‘confezionamento’ del prodotto editoriale che è semplicemente deleterio e inconsistente, più che non ad una vera volontà di turlupinare la pubblica opinione.

E’ il giornalismo al risparmio che non verifica le sue fonti (o che non ne ha di originali) e che fa semplicemente male il suo mestiere.

2 – Le redazioni giornalistiche (e i loro editori) sono in crisi di ricavi, quindi talvolta rincorrono i ‘siti fake’ sul terreno della pubblicazione di notizie false con lo scopo di alimentare artatamente flussi di traffico web per ottenerne maggiori esposizioni pubblicitarie.

La crisi dell’editoria vecchia e nuova basterebbe a giustificare il fenomeno, di per sè, se non fosse che tale ‘abuso’ della qualifica di ‘giornalista’ dovrebbe davvero essere sanzionata dal preposto Ordine professionale.

Quanti quotidiani di calibro nazionale si sono convertiti (almeno online) verso la publicazione di notizie di dubbia veridicità, in settori di grande richiamo di massa come il gossip e la salute?

Titoli che promettono di farti vedere le tette di Belen senza censure, o che promettono – senza soluzione di continuità – di guarirti dal cancro e di farti ricrescere i capelli persi da giovane; insomma, notizie che sono senz’altro false o anche decisamente inconsistenti, e che certamente non meriterebbero tale spazio pubblico sulle colonne di una testata giornalistica che si rispetti (sia pure nella sua versione online).

Se non fosse che ‘pezzi’ del genere attirano fiumi di click in ingresso ed assicurano quindi incrementi nella rendita pubblicitaria derivante da web.

Questo ‘giornalismo’ che una volta sbarcato online imita comportamenti tra i più deleteri va senz’altro scoraggiato e censurato: se le redazioni devono inventare notizie (che non lo sono o che non esistono) per sopravvivere, tanto vale chiuderle.

Non sarebbe male, con l’occasione, il fatto di rivedere le politiche di finanziamento pubblico delle testate giornalistiche. In un’economia di mercato non ha alcun senso ‘assistere’ settori produttivi che non aggiungono vero ‘valore’ alla società, e tale mi sembra lo stato del giornalismo in Italia alle attuali condizioni di offerta.

Facciamo che tiene aperta una redazione solo chi davvero vende i suoi giornali all’edicola (o altrove, se riescono); gli altri dovranno trovarsi un lavoro vero, invece di copiare notizie futili o false in giro per il web.

3 – Un buon numero di testate giornalistiche di tiratura locale o nazionale pubblica notizie false o distorte per orientare l’opinione pubblica per ragioni politiche.

Ecco, qui c’è il vero ‘marcio’ della polemica che ha preso piede in questi giorni sui media mainstream.

Ma questa è la piaga del giornalismo moderno da tempo immemore, e non ha nulla a che vedere con la recentissima (ma sia pur potente) comparsa del web nell’agone degli strumenti di comunicazione di massa.

Quello che è vero è che, attraverso i loro siti e sfruttando i social media come volano, alcuni editori possono alimentare un pubblico targetizzato attraverso la pubblicazione online di ‘articoli’ con informazioni più o meno funzionali ad una più generale strategia di posizionamento nel mercato politico da parte della stessa testata.

Perché naturalmente è la politica la vera regina delle false notizie; la propaganda è semplicemente un modo di rappresentare la realtà tramite una distorsione di parte studiata a tavolino, atta a coinvolgere e fidelizzare lettori e militanti fin dall’alba dei tempi.

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Ogni polemica pubblica sulla diffusione di false notizie online sarebbe per lo meno mendace se omettesse alcuni dei distinguo preliminari che sono stati proposti nelle righe qui sopra.

Il web, come al solito, è solo un immenso raccoglitore digitale di quanto uomini e donne vanno dicendo, scrivendo e narrando; per quanto siano anomiche e stratificate le sue dinamiche, sono pur sempre gli uomini e le donne che lo popolano a renderlo di volta in volta teatro di virtù grandiose o piuttosto atroce raccolta di pubbliche nefandezze.

[Il duello finale dal film Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone (1966)]